giovedì 29 dicembre 2011

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - COMPLESSI STRATIFORMI


Fonte: http://datameteo.blogspot.com/p/castelverde-didattica.html (29.12.2011 ore 16.20)

Analizziamo ora i complessi stratiformi, e quindi come si generano i layering all'interno di una “camera magmatica basica” ossia dove un magma primario (femico, quindi basico) va perdendo le sostanze basiche e si trasforma in magma sialico (quindi più acido). Ovviamente il procedimento inverso non può avvenire.

Un classico layer “modale” è così costituito:

Plg → ANORTOSITE → è la composizione mineralogica che mi identifica plagioclasio al 100%
Ol + Plg → TROCTOLITE → è un insieme di Ol + Plg (=Gabbro)
Ol → DUNITE → è la composizione mineralogica he mi identifica olivina al 100%

Tuttavia all'interno di uno stesso layer non si assisterà mai ad una situazione del genere, in quanto ad ogni singolo layer si assisterà ad un cambio della composizione modale, legato alla differenziazione magmatica.
Nel caso reale quindi non parliamo di layering modale, bensì di layering composizionale (o criptico). Con questo tipo di layering si assiste ad un controllo stratigrafico sulla composizione dei minerali. Infatti la sovrapposizione dei diversi layer (quelli più vecchi in basso, e salendo quelli più recenti) rispecchierà un trend differenziativo composizionale a dente di sega. Ossia, ad ogni layer, salendo sempre più, assisterò non solo ad una diminuzione dello spessore relativo dei vari layer, ma anche ad una diminuzione della percentuale relativa dei minerali che costituiscono il layer.
Ad esempio, l'Olivina passerà da essere più ricca in Mg (quindi Forsterite), a via via perdere Mg e caricarsi in Fe (diventando Olivina Fayalitica). La serie dell'olivina passa dalla Forsterite (fonde a T più alte, estremo Magensifero) alla Fayalite (estremo ferrifero). Quindi il layering composizionale a dente di sega, al singolo layer, rimane sempre lo stesso.
Ciò che varia è la composizione del layer in funzione della pressione e della sequenza di cristallizzazione del magma originario. All'interno di un singolo layer, la legge di Stokes, è smepre rispettata: la legge di Stokes esprime la velocità con cui sedimenta, attraverso una caduta gravitativa, un corpo all'interno di un fluido a regime laminare (cioè Numero di Reynolds < 1) e si esprime come

v = 2 r2 g (cg) / g ɧ dove

r = raggio del corpo in caduta
g = accelerazione di gravità
c = densità corpo
g = densità fluido
ɧ = viscosità del fluido

Ma a grande scala, cioè tra un layer e un altro, la legge di Stokes non è rispettata perchè troveremo Olivina sopra Plagioclasio.

All'interno di una camera magmatica, la cristallizzazione inizia sempre in alto e sulle pareti, perchè sono i punti più freddi di una camera magmatica, e quindi dove il minerale può attecchire e cristallizzare. Tuttavia la cristallizzazione sulla sommità della camera, comporta che il layer cristallino sia soggetto alla gravità. Difatti ad un certo punto tenderà a cadere e ad accumularsi sul fondo (sempre se T e P sul fondo sono tali che non rifonda). Così inizia il layering criptico.
Affinchè però si sviluppi il layering composizionale e l'andamento a dente di sega del layering, è necessario però che alla caduta gravitativa del layer intervenga poi un moto convettivo che porti nuovo liquido in sommità subentrando al layer precedente e continuando la cristallizzazione. Ciò che controlla l'attivazione di un moto convettivo all'interno di una camera magmatica è il NUMERO DI RAYLRIGH. Se questo avrà valore superiore a 1700, si attiverà un sistema convettivo. Osservando la formula del numero di Rayleigh, si può notare che i moti convettivi all'interno di una camera magmatica sono funzione soprattutto dello spessore della camera magmatica (è il parametro più importante, dato che è alla quarta potenza, L4) e la viscosità (che essendo al denominatore ci dice che i moti convettivi sono inversalmente proporzionali alla viscosità del magma).
In un grafico che prende in considerazione questi 2 valori, possiamo vedere che già in una camera magmatica di spessore di 100 m e M = 105, si creano dei moti convettivi.
Se il moto convettivo è regolato dal numero di Rayleigh, sia il moto convettivo che la caduta gravitativa sono regolati nel loro flusso dal numero di Reynolds. È necessario infatti che il numero di Reynolds sia inferiore a 1, e quindi che il moto avvenga per flusso laminare, e non flusso turbolento, perchè altrimenti non si rispetterebbe il layering composizionale in blocco.
Il flusso laminare del moto convettivo permette di far scendere il blocco layer piano piano dal tetto al letto mediante plume, e scenderebbe orizzontale senza girarsi. Anche nel caso del numero di Reynolds entrano in gioco la viscosità e il diametro della camera magmatica.
In caso di camere magmatiche piccole, dove non si attiva la convezione, la cristallizzazione non è dinamica, bensì statica, ed è definita come cristallizzazione in situ.
Questo tipo di cristallizzazione passa attraverso il meccanismo del DOPPIO-DIFFUSO. È chiamato così perchè si sviluppa attraverso il gioco di due fenomeni:
  • la diffusione molecolare chimica (ossia una diffusione di materia), che provoca l'arricchimento di un minerale in una delle direzioni del cristallo;
  • una diffusione di temperatura, o meglio una dissipazione termica, funzionale ad un “calore latente di cristalliazzazione” (da liquido a solido).
Il cristallo si genera pertanto in 3 fasi:
  1. una inclinazione (cioè la stabilizzazione del nucleo del cristallo ad opera del blocco di altre celle);
  2. un'azione combinata di crescita sia per reazioni di interfaccia, che per diffusione chimica (che permette la crescita del cristallo);
  3. una crescita controllata dalla disposizione di calore.
Quindi la diffusione chimica (o molecolare) è il principale strumento di formazione e accrescimento dei cristalli, insieme alla temperatura, da cui è fortemente dipendente. Infatti la diffusione chimica garantisce sempre il rifornimento di materia al cristallo che deve crescere concentrando il minerale nel cristallo, sottraendolo dal magma circostante.

La diffusione chimica si sviluppa tramite 3 cause di spostamento di materia nel reticolo:
  • riempimento di lacune (gli atomi sono tutti uguali);
  • tra gli interstizi cristallini, il passaggio di atomi più piccoli;
  • sostituzione di atomi molto simili nel reticolo cristallino.
A parità di T, la specie chimica che si diffonde più rapidamente è il sodio, perchè è lo ione più piccolo e ha la carica più bassa.
Ogni singola specie atomica ha una sua diffusione diversa: tanto più è piccolo il catione, tanto più si muoverà facilmente negli interstizi; tanto più è debole la carica, tanto più sono deboli i legami che lo legano. Infatti la mobilità di un atomo dipende da: carica e raggio ionico

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - DIFFERENZAZIONE MAGMATICA


Fonte: http://www.dipgeopa.com/?structure=processigeologici&section=prodotti&sub=7.1.1&lang=it (29.12.2011 ore 14.31)

Si intende l'insieme dei processi per cui, a partire da un magma capostipide o primario, quei magmi prodotti direttamente da una sorgente solida per fusione parziale, possono originarsi associazioni di rocce con composizioni mineralogiche e chimiche molto diverse.

I processi che possono generare ima differenziazione magmatica sono:
  1. cristallizzazione frazionata;
  2. mixing dei magmi;
  3. contaminazione crostale;
  4. immiscibilità allo stato liquido.
La differenziazione per cristallizzazione frazionata è il più importante processo di differenziazione magmatica e si sviluppa in genere in zone di stazionamento del magma all'nterno della crosta, chiamate camere magmatiche. Qui il magma si ferma per tempi più o meno lunghi, subendo un lento raffreddamento e la formazione di complessi stratiformi che sono quei complessi rocciosi stratificati che si sviluppano in seguito all'accumulo di cristalli tramite frazionamento gravitativo e/o convettivo dentro una camera magmatica in seguito ad un contrasto di densità col liquido residuale. Le rocce che ne fanno parte sono chiamate rocce cumulitiche.
Skaergaar e Rhum sono i primi casi in cui furono studiati complessi stratiformi. Essi rappresentano il caso di complessi stratiformi in ambiente anorogenico continentale con magmatismo tholeitico, di bassa pressione. Il primo caso italiano studiato è quello di Ivrea Verbano, una zona dell'arco alpino, costituita da gneiss in fase anfibolitica, generatosi per alte pressioni, che fu messo a nudo durante l'orogenesi ercinica, quindi è orogenico. Anche in questo caso il chimismo è tholeitico.

Ci sono diversi tipi di cumuliti:
  • ORTOCUMULITI → sono gli accumuli costituiti da più fasi mineralogiche (quindi sono polimineralici). Sono le rocce che più approssimano la composizione del liquido iniziale della camera magmatica (il gabbro è una roccia ortocumulitica), in quanto rappresentano il caso di un “sistema chiuso”, ossia di una camera magmatica chiusa, che non riceve nuovi input di magma, e tutto cristallizza da un stesso ed unico input di magma, che nel tempo va perdendo composizione Ca (quindi basica), e si aricchisce in Na (quindi più acida), come evidenziato nella serie di Bowen (ossia lo studio di come cristallizzano fusi basici) quindi in minerali femici (Fe, Mg, Ca), verso fusi più acidi, quindi sialici (K, Na), rispettando contemporaneamente due processi di cristallizzazione: la serie continua dei plagioclasi (da Anortite calcici a Albite sodici) e la serie discontinua dei silicati (olivina → pirosseno → anfibolo → quarzo).
    I minerali dell'ortocumulite sono “minerali zonati”, ossia hanno una variazione composizionale dal centro al bordo proprio per questo cambio di composizione dei liquidi nel tempo. I cristalli sono idiomorfi (con abito cristallino proprio) e non sono a contatto, ma separati da un “liquido di intercumulo” ossia magma intrappolato tra i minerali che ovviamente non sarà una matrice vetrosa, dato che stiamo parlando di rocce intrusive; 

  • MESOCUMULITI → una via di mezzo 

  • ADCUMULITI → sono quegli accumuli costituiti per più del 90% da un solo minerale, quindi monomierlici. I minerali in questo caso sono a contatto, e sono sub-idiomorfi ossia non hanno una forma propria. Sono accumuli non rappresentativi del liquido iniziale, in quanto è presente una sola fase mineralogica.
    La loro origine è da ricondursi nei “sistemi aperti”, camere magmatiche continuamente rifornite dallo stesso liquido. Quindi i cristalli sono sempre in equilibrio con la stessa composizione di magma, e difatti i minerali non sono zonati. 
     
Fonti: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

mercoledì 28 dicembre 2011

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - PARAMETRI FISICI PER I MODELLI DI DINAMICA MAGMATICA


Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Vulcano_%28geologia%29 (28.12.2011 ore 14.03)

La risalita dei magmi segue e rispetta i principi della “fluidodinamica”. La risalita del magma assume caratteristiche diverse nel mantello e nella crosta.
Nel mantello, il meccanismo di risalita del magma è quello dei “diapiri magmatici” ossia dei pennacchi o plume di magma che risalgono attraverso il fluido ad alta viscosità del mantello.
Il fuso generatosi nei punti tripli, ossia dove c'è un abbassamento della temperatura di solidus, tende ad accumularsi nella parte superiore del residuo solido in cui si è avuta la fusione parziale. Con il tempo in questa zona si andrà accumulando un gran quantitativo di fuso, inducendo un aumento della pressione verso l'alto.
È proprio DELTA P tra il fuso e il fluido ad alta viscosità circostante che induce il movimento di questi plume. Se la pressione delle rocce circostanti è molto elevata, quindi ci troviamo a grandi profondità, il liquido esce ma passa attraverso i pori, se ci troviamo invece in bassa litosfera (30-40 Km) o litosfera superiore, la pressione del liquido tenderà ad incanalare il fuso nelle rocce, fin quando la DELTA P sia tale per cui il liquido spacchi la punta e salga. A quel punto , la punta si richiude e ricomincia l'accumulo di pressione. Questo meccanismo armonico è chiamato “tremore vulcanico” ed è sismicamente rilevabile.
Tra astenosfra e litosfera assistiamo quindi ad una risalita di questi diapiri, la cui velocità di risalita dipende dalle:
  • dimensioni del corpo;
  • accelerazione di gravità;
  • differenza di densità (pressione);
  • viscosità.
Tutti questi fattori permettono il meccanismo delle celle convettive, che esprime il fenomeno di risalita del magma. Il fenomeno della convezione sostiene il movimento verticale del magma lungo il mantello. Questo movimento convettivo di materiale si sviluppa in seguito ad una differenza di T tra il tetto e il letto della zona di convezione: quando si riscalda un fuso esso si espande diventando meno denso, quindi più leggero del materiale circostante, quindi il fluido riscaldato tende a salire mentre il materiale più freddo e più pesante scende a prendere il posto. Si instaura così un ciclo convettivo.

Quindi una differenza di temperatura genera una differenza di densità che permette la risalita.

Dal punto di vista fisico, la dinamica dei magmi è esprimibile tramite il NUMERO DI RAYLEIGH e il NUMERO DI REYNOLDS.
Il numero di Rayleigh esprime le forze di galleggiamento, ossia permette di identificare le condizioni di innesco dei moti verticali in fluidi viscosi, dove la T cresce con la profondità. Può essere interpretato come il rapporto tra le forze i galleggiamento e la forza di attrito viscoso o meglio come:

Ra = L4 g alfa beta ʆt / ɧ k dove

L = altezza dello strato (o spessore del condotto o spessore della camera magmatica)
g = gravità
alfa = coefficiente di espansione termica del fluido
beta = gradiente termico (DELTA T)
ʆt = densità
ɧ = coefficiente di viscosità
k = coefficiente di diffusività termica

Il valore critico del numero di Rayleigh è fissato a 1700 circa (numero adimensionale):
  • al di sotto di questo valore, il trasporto del calore avviene per conduzione, quindi ci troviamo nel caso statico;
  • quando il valore di Ra supera i 1700, si avvia la convezione, quindi inizia il trasporto di fluido più caldo verso l'alto.
Quindi il numero di Ra definisce se un certo fluido è in convezione oppure no, e quindi l'infiltrarsi di moti convettivi all'interno del mantello, di un condotto vulcanico o di una camera magmatica.

Quindi la convezione è direttamente proporzionale alla grandezza della camera magmatica (o condotto) e alla DELTA T e densità, e inversamente proporzionale alla viscosità.

Convezione: trasmissione di calore che avviene in mezzi solidi, liquido e gassosi tramite contatto diretto.

Ciò che invece definisce se un certo fluido ha uno scorrimento laminare o turbolento è il NUMERO DI REYNOLDS.

Il numero di Reynolds permette di esprimere il flusso di scorrimento, distinguendo tra un regime laminare e un regime turbolento. Il numero di Reynolds è definito come il rapporto FORZE INIZIALI/FORZA D'ATTRITO VISCOSO o meglio come

Re = u d f / ɧ dove

u = velocità del flusso
d = diametro del condotto o camera magmatica
ɧ = viscosità
f = densità

La forza inerziale è una forza apparente che trae origine dal sistema di riferimento medesimo (ad es.: sul treno quando frena). Le forze viscose sono le forze di resistenza allo scorrimento.

Il rapporto tra queste due forze, definisce un valore critico pari a 1 (2000/2000) che distingue un flusso laminare (se dominano le forze viscose), con valore < 1, e un flusso turbolento (se dominano le forze inerziali) con un valore Re > 1.
In regime laminare la traiettoria delle particelle è parallela alle pareti del condotto. In caso di regime turbolento invece il materiale viene ad essere trasportato da vortici ad alta energia.
Al di sotto di un valore di circa 2000 il flusso è la minare ed il suo profilo di velocità è parabolica.
Possiamo considerare un condotto vulcanico come diviso in 2 parti: una parte inferiore dove il flusso è laminare, ed una superiore in cui il flusso è turbolento.
Quando il fuso sale lungo un condotto, il calo di pressione provoca la liberazione e l'espulsione del volatile. Quindi l'aumento della pressione all'interno della fase gassosa è tale da superare la coesione del magma: avviene la frammentazione del fuso (si genera eruzione esplosiva). La forte diminuzione di densità della miscela corrisponde ad un aumento della velocità di risalita. Questa può superare anche di 100 volte la velocità che si avrebbe se il magma fosse privo o sottosaturo in volatili. Questo perchè, dopo la frammentazione, si ha un notevole calo di viscosità ed il numero di Reynolds salta a valori molto alti, quindi in un regime assai turbolento. 

Fonti: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - MECCANISMI DI FUSIONE DEL MANTELLO


Fonte: http://www.asianworld.it/forum/index.php?showtopic=6522 (28.12.2011 ore 13.58)

Il mantello è essenzialmente un involucro solido che separa il nucleo metallico, parzialmente fuso, dalle rocce fredde della crosta.
Può essere suddiviso in 2 zone concentriche principali: il mantello superiore e il mantello inferiore. È nel mantello superiore che si originano la maggior parte dei magmi subcrostali, attraverso il processo di anatessi, ossia di fusione parziale del mantello (fusione parziale perchè la roccia non è un composto puro, ma ogni minerale della roccia ha un proprio punto di fusione). Questo processo di formazione di fusi all'interno del mantello terrestre (peridotitico) non si sviluppa ovunque sotto la superficie, in quanto il mantello è solido, ma necessita di particolari condizioni “anomale” all'interno del mantello.

La curva che indica la temperatura a cui inizia a fondersi una roccia col variare della profondità è la “curva di SOLIDUS”.
Anche la peridotite pertanto possiede una curva di solidus. Se mettiamo a paragone, in uno stesso diagramma T-profondità, la curva di solidus della peridotite con la curva di gradiente geotermico terrestre, noteremmo alcune paritcolarità. La curva geoterma indica la distribuzione della temperatura nel mantello (e nella Terra in generale).
Il gradiente geotermico terrestre è funzione della situazione tettonica locale e può essere condizionato da intrusioni locali (come camere magmatiche). È stato evidenziato che in ambiente di avantiarco (TREWCH), quindi in ambiente “freddo”, il gradiente geotermico è di 10-15° a Km. In un ambiente di bacino di retroarco, quindi in un aera vulcanica, il gradiente raggiunge 10-50° a Km. Infine in un ambiente cratonico è di circa 20 ° a Km (per tutti e 3 i casi si parla di entro i primi 30 Km di profondità).
In linea generale il gradiente geotermico terrestre è quello espresso in figura 1; a livello litosfera/astenosfera c'è un cambio del gradiente geotermico in quanto cambia il meccanismo di conduzione del calore.

Se nella figura 1 compariamo la curva generale del gradiente geotermico terrestre con la curva di fusione (SOLIDUS) delle peridotite, è subito evidente che la curva di solidus della peridtotie è sempre più alta della curva geoterma. Ciò spiega perchè il mantello, in condizioni normali, è allo stato solido, in quanto per iniziare a fondersi necessita di una T maggiore rispetto alla distribuzione di T nel mantello.

È chiaro quindi che, per generare un fuso nel mantello, è necessario:
  1. aumentare il gradiente geotermico (e quindi la T) nel mantello, così che si sovrapponga alla curva di solidus della peridotite, e si avvii la fusione parziale;
  2. ridurre la T di solidus della peridotite, facendo si che si vada ad incrociare con la curva geoterma, e inizi la fusione parziale.
Di seguito le condizioni che possono generare una delle due situazioni sopra descritte:
  1. Come aumentare il gradiente geotermico?
    1. calore radioattivo → esistono elementi come U, Th, k e Rb che subiscono dei processi di decadimento: gli isotopi generati si muovono fino a collidere con altre particelle atomiche; a quel punto, la loro energia cinetica si converte in calore. C'è da precisare tuttavia, che, nonostante molto del calore interno alla Terra sia generato da decadimento radioattivo, ciò non sembra attuarsi nel mantello, e quindi il decadimento radioattivo non è comunemente una causa di fusione. È possibile avere rari metamorfismi da calore radioattivo nella crosta;
    2. calore frizionale → il calore può generarsi tramite frizione, in corrispondenza ad esempio della base della litosfera, o in zone di subduzione. Se questo calore non trovasse via di fuga, si concentrerebbe producendo un picco localizzato sul gradiente geotermico;
    3. decompressione dovuta alla convezione: è il metodo più accreditato per segnalare un aumento del gradiente geotermico che permette l'avvio dell'anatessi, nonché il più efficace per fondere la roccia di mantello. Questa condizione, detta anche “fusione per decompressione” (decompression melting) si realizza in corrispondenza di aree di distensione litosferica, soprattutto al di sotto delle dorsali medio-oceaniche. La convezione è un processo di trasporto di calore ove il caore si muove col materiale. La convezione viene indotta da un gradiente di temperatura tra una zona alta, più fredda, e una zona bassa, più calda. Laddove la T è più alta, il materiale si espande e con esso diminuisce la densità del materiale, rispetto al materiale freddo, più denso. La diminuzione di densità fa si che il materiale caldo salga verso l'alto (in seguito al gradiente di pressione con le rocce circostanti), e venga rimpiazzato dal materiale più freddo e più denso, che scenderà per effetto della forza di gravità. Si generano così le celle convettive.
      Nelle dorsali medio oceaniche si assiste ad una risalita adiabtica, ossia con senza o pochi scambi di calore con l'esterno, di materiale peridotitico molto caldo proveniente dal mantello intermedio o profondo (laddove le T sono > 1500 °C). La risalita è adiabatica in quanto il materiale sale velocemente, tanto da essere più veloce della conduttività di calore delle rocce (che sono cattive conduttrici). All'arrivo nel mantello superiore, il materiale profondo appena risalto subisce una decompressione, che lo porta a fondersi. Se utilizziamo il grafico T-profondità (o Pressione), facendo risalire un corpo che sta sulla geoterma, seguendo una lieve retta (quindi mantenendo costante la T), prima o poi il corpo incontra la curva del solidus e fonderà.
  1. Come ridurre la temperatura del solidus?
    1. In un sistema a più componenti, l'aggiunta di un terzo componente riduce sia la temperatura di solidus che la temperatura di liquidus. Questo suggerisce che anche nel mantello, aggiungendo qualcosa, si possa abbassare la T di solidus della peridotite fino a diventare inferiore al gradiente geotermico, e quindi fondere a T più basse.
      I componenti volatili, come H2O e CO2, possono essere facilmente aggiunti nel mantello, soprattutto nelle zone di subduzione. L'area del mantello appena sotto la zona di subduzione non è anidro (nonostante la peridotite è anidra, cioè non contiene volatili); questo perchè tramite la subduzione avviene anche immissione di volatili dalla placca che subduce, provocando quindi una veloce riduzione della T di fusione (di solidus) del mantello.
      Ciò determina T più basse in prossimità di zone di subduzione (T di 500-700 °C) ma pressioni elevatissime (10-30 kbars), tanto che si può parlare di fluido ipercritico. È ovvio che tale fluido non viaggia nella peridotite tranquillamente, ma viene incorporato nei minerali, genereando due minerali idrati per eccellenza che sopravvivono a quelle condizioni di T e P, ossia anfibolo e flagopite. Quindi quando si parla di aggiunta di volatili, si deve pensare a reazioni limite in cui il pirosseno si modifica catturando il fluido volatile e diventando anfibolo.
      Tra i bacini di zone convergenti, i margini intraplacca (es.: Etna) e le dorsali medio-oceancihe, è nei primi quindi che abbiamo un contenuto in volatili maggiore (dal 2% al 6%), seguito dai margini intraplacca (1-2,5% di volatili) e infine nelle dorsali (0,5-0,8 di volatili), dove sono praticamente assenti. Qui, infatti, i MORB (o ofioliti) non contengono anfiboli in quanto i magmi che escono dalle dorsali, si generano per anatessi al 20% del mantello, quindi ad altissime T (> 1500 °C), e a tali T l'anfibolo (minerale idrato) non esiste (si fonde già a 1000 °C).
Quindi, riassumendo, la maggior parte dei magmi vengono prodotti in ambienti divergenti, alias MORB (70%), secondariamente nei convergenti (30%) e infine un 1% nei margini inter-placca (es.: Etna).
I fenomeni di fusione parziale possono interessare ovviamente anche la crosta continentale (“anatessi crostale”). L'anatessi crostale può avvenire per risalita di magmi basaltici generati nel mantello che portano calore risalendo verso la crosta, oppure attraverso intrusioni di rocce peridotitiche nella crosta.
Gli studi petrologici eseguiti su rocce crostali hanno evidenziato che i primi fusi che si formano per anatessi della crosta continentale hanno composizione acida (rioliti). Con l'aumento del grado di fusione parziale si possono ottenere liquidi intermedi (andesiti).

Ad oggi, i limiti di fusione parziale di una roccia registrati sono:
  • 50% come limite massimo di fusione parziale (genera magmi komatitici, magmi archeani, 30% di MgO) → T molto più elevate, che mi giustificano gradi di fusione più elevati. I MORB si generano per 20%-25% di anatessi;
  • 1/2% come limite inferiore di fusione parziale. In generale, tanto più basso il grado di fusione, tanto più è ricco in volatili.
La primissima parte a fondere in una roccia peridotitica è il punto dove i minerali sono a contatto. Aumentando il grado di fusione si comincia a fondere lungo i vertici. Questo punto si chiama “punto triplo”. 

Gli Hot Spot sono dei vulcani che rappresentano il raro caso in cui si ha una risalita di magma in zone di entroplacca. Gli hot spot rimangono stazionari nel mantello mentre la placca si muove, generando queste file di vulcani uni di seguito all'altro. Il motivo per cui si generano questi vulcani è legato sempre alla fusione parziale di mantello per decompressione, che genera dei “plume” ascendenti che si infilano nella litosfera (di solito oceanica) fino in superficie.

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - MIXING, MINGLING E IMMISCIBILITA' DEI LIQUIDI


Fonte: http://findertrip.com/it/trip/232/Vulcani+del+Mare+del+Sud (28.12.2011 ore 13.50)

MIXING → Due liquidi per motivi meccanici, si mescolano insieme ottenendo un liquido unico, e non ho più evidenze dei magmi precedenti.

MINGLING → situazione in cui 2 liquidi si mescolano ma non ottengo una completa omogeneizzazione.

IMMISCIBILITA' DI LIQUIDI → è il contrario di mixing. È il fenomeno per cui, durante l'evoluzione, un magma unico si smescola in due. Ciò avviene quando si è raggiunta la soglia di saturazione (sovrasaturazione di un minerale nel magma) e quindi il sistema decide che è più conveniente separarsi (è lo stesso ragionamento della cristallizzazione di un magma).

Esistono 3 situazioni note e particolari per cui avvengono processi d'immiscibilità:
  • carbonatiti → la carbonatite potrà smescolarsi da un liquodo silicatico laddove la percentuale di CO2 e Ca è sufficientemente elevata da sovrasaturare il sistema. Il dibattito attuale verte su dove avvenga questo smescolamento: nel mantello ad alte pressioni, laddove la percentuale di CO2 sia già sovrasatura, o per differenziazione a bassa pressione del magma;
  • nei magmi solfuri;
  • nei liquidi silicatici → riguardo il caso in sui si smescola un liquido sicilatico da un liquido silicatico.
Le caratteristiche peculiari dei liquidi immiscibili sono:
  • contatti netti fra variale e matrice;
  • cristalli che attraversano le superfici di separazione tra i due magmi. Se il cristallo attraversa tale superficie, è un'ulteriore prova che i due magmi sono in equilibrio;
  • se sono due liquidi immiscibili, hanno gli stessi valori isotopici, perchè derivano dalla stessa sorgente.
Fonti: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - CARATTERISTICHE FISICHE DEI MAGMI


Fonte: http://www.blogalileo.com/nel-cuore-del-pianeta/ (28.12.2011 ore 13.34)

Le caratteristiche fisiche dei magmi sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche chimiche del magma.
Due sono i principali parametri che governano il movimento del magma: viscosità e densità del magma. T e P sono considerati intensivi.

DENSITA'

La densità del magma è sempre inferiore alla densità del suo prodotto di consolidazione, ossia la roccia. Infatti il processo di consolidazione di un magma determina una diminuzione di volume sia perchè si perdono i volatili, sia in seguito ai giunti di raffreddamento.
Ma è vero anche che un magma ha una densità inferiore alla Peridotite da cui si genera, perchè più ricco in Si e Al rispetto alla peridotite.
  • Densità basalto: 2,7 – 2,8 g/cm3 (il Fe pesa di pià che il Mg, man mano che tolgo MG, si sostituisce con Fe);
  • Densità Olivina: 2,9 – 3,3 g/cm3;
  • Densità Opx-Cpx: 2,7 – 2,8 g/cm3;
  • Densità Plg: 2,4 . 2,5 g/cm3 (più ricca in Si e Al).
Bisogna specificare però che con la differenziazione il basalto diminuisce la sua densità: difatti la densità è prima di tutto legata al chimismo del fuso.
  • Densità basalto alcalini-tholeitico: 2,7 – 2,8 g/cm3;
  • Densità Riolite: 2,2 g/cm3.
La densità rispetto a:
  • temperaturacorrelazione negativa con la T; La densità diminuisce con l'aumentare della T, perchè d = Peso/V, aumentando la T, il V della cella elementare aumenta, e quindi la d diminuisce;
  • pressionecorrelazione positiva con la pressione; la densità aumenta con la pressione.
VISCOSITA' (unità di misura Kg/m sec POISIE)

Non ha niente a che vedere con la densità, e tra le due non esiste una correlazione. La viscosità è la capacità di un mezzo di fluire, o meglio detto, la resistenza allo scorrimento.
La viscosità è funzione di 3 fattori: la composizione chimica (chimismo) del magma, la temperatura e la pressione e il contenuto in volatili.
  • Acqua = 10-2 POISIE;
  • basalti = 103 POISE;
  • carbonatite = 10-2 POISE;
  • rioliti = 107 POISE (alta percentuale di duomi).

Viscosità e chimismo del magma

I complessi chimici che influiscono sulla viscosità del magma sono SiO4 4-, (H2O e CO2).
La Silice nel magma si struttura in tetraedri, secondo l'unità fondamentale SiO4 4-: il legame che lega l'ossigeno con il Silicio è il legame covalente, un legame molto forte, difficile da spezzare. Questi tetraedri (che nel caso di tetraedri isolati costituiscono l'Olivina) possono poi legarsi l'un con l'altro a costruire strutture più complesse, legati tra loro da un legame chiamato ossigeno-ponte. In generale, maggiore è il numero di raggruppamenti di tetraedri legati tra loro tramite ossigeno-ponte, e maggiore è la viscosità. Quindi maggiori tetraedri di SiO4 4- ho, tanto più sarà viscoso il magma.

Possiamo definire quindi il Silicio come un “catione costruttore”, perchè più aumenta Si, più sono i tetraedri che si legano.
Esistono però altri elementi chimici, detti “cationi modificatori”, che tendono a legarsi agli anioni ossigeno, interrompendo la catena silicatica, diminuendo quindi la viscosità del magma; questi il K+, il Na+, i cationi bivalenti Mg2+ e Ca2+, e infine il Fe bivalente 2+ (non trivalente).

L'Al può svolgere sia funzione di costruttore (sostituendo il Si in tetraedri) che di modificatore, in funzione del suo numero di coordinazione ambiguo, che può essere 4 (coordinazione tetraedrica) oppure 6 (coordinazione ottaedrica). Se ha NC = 4, sostituisce il Si; se ha NC = 6, diventa modificatore. La pressione del magma regola questo comportamento: si ha Al con NC = 4, quando il magma si trova a bassa pressione e le moli percentuali di Al2O3 sono < alla somma delle moli percentuali dei metalli mono e bivalenti (K, Na, Mg, Ca … ); si ha Al con NC = 6, quando la pressione forza gli O2 a stare vicino al catione, e quindi può aumentare il numero di coordinazione del catione. Ciò spiega perchè la viscosità diminuisce con la pressione.

Tornando ai cationi costruttori, ossia alla Si, quindi, una maggiore presenza di Si comporta una maggiore complessità del sistema, con tetraedri che si legano in forme più complesse fino ai cosiddetti tettosilicati. Questa complessità del magma si esprime anche come “aumento del grado di polimerizzazione”, ossia l'aumento del numero di unità rispettive presenti nella struttura di un polimero. Ciò, nel caso di tetraedri silicatici, comporta un aumento della viscosità.

Ciò che lega le varie unità tetraidriche sono legami dell'ossigeno-ponte, quindi possiamo definire il grado di polimerizzazione di un magma in funzione dei legami che può realizzare con l'ossigeno:
  • BRYDING OXYGEN (BR) → è il legame più forte. È un legame covalente che si genera tra l'ossigeno e 2 tetraedri SiO4 4-. Si può indicare come (Si = O = Si); disegno
  • NON BRYDING OXYGEN → è il legame che si genera quando un ossigeno si lega ad un catione modificatore e a un tetraedro Si. È anche detto “ossigeno semi-libero” e ha un legame meno forte del precedente. Si può indicare come O- (Si = O = Ca); disegno
  • FREE OXYGEN → è il legame più debole, che lega un ossigeno a due cationi modificatori (caso della carbonatite). Si può indicare come O-2 (Ca = O = Ca); disegno
Esistono quindi 3 tipologie di legami con l'ossigeno, dipendenti dalla presenza di Silicio, che ci permettono di capire quel'è il grado di polimerizzazione del magma.

Il grado di polimerizzazione, esprimibile in funzione dei legami dell'ossigeno, si esprime con il parametro NBO/T, che ha sempre un valore compreso tra 0 e 4.
Il valore T è il numero de catione Si, quindi sempre uguale a 1.
  • Per l'SiO4 4- (tetraedro isolato), l'NBO è uguale a 4 (ci sono 4 NBO).
  • Per l'Si2O7 6- (dimero), l'NBO/T = 3, perchè ci sono 3NBO e un ossigeno condiviso (1BR).
  • Per l'Si2O6 4- (catena isosilicatica), l'NBO/T = 2.
  • Per l'Si2O5 2- (foglio fillosilicato), l'NBO/T = 1.
  • Per l'SiO2 (tettosilicato), l'NBO/T = 0.
Quindi il valore di NBO/T è inversamente proporzionale al grado di polimerizzazione.

Nei magmi basici l'NBO/T ha valori più alti rispetto ai magmi acidi.

I liquidi meno polimerizzati, ossia i basalti, hanno comunque un valore NBO/T < 1, che vuol dire che anche se meno polimerizzati, sono già molto strutturati. Questo spiega perchè un liquido basaltico ha 4 ordina di grandezza di viscosità maggiore rispetto all'acqua.

Viscosità e temperatura

Anche la temperatura influisce sulla viscosità. La viscosità varia inversalmente alla temperatura, infatti maggiore è la temperatura, minore è la viscosità. Ciò è dipeso dal fatto che una temperatura elevata fornisce sufficiente energia calorica per indebolire e quindi spezzare i legami che sono all'interno del fuso. Viceversa, se la temperatura si abbassa, si favorisce la formazione dei cristalli e quindi la viscosità si alza.
Di solito, l'abbassamento di temperatura si ha durante la risalita del condotto vulcanico, per cui il fuso raffreddandosi, passa da un sistema monofase (ossia solo fuso) ad un sistema polifase (fuso più cristalli). Si passa quindi da un fuso “di tipo Newtoniano” (fuso fluido) ad un fuso “di tipo Binghamiano”, cioè un fuso plastico, più viscoso, perchè composto da più fasi, che, per essere messo in moto, lo sforzo applicato a questo fuso deve superar una certa soglia, detta soglia di snervamento.

Viscosità e pressione

La viscosità diminuisce con la pressione, come già spiegato precedentemente, in quanto l'aumento di pressione forza gli ossigeni e stare vicini al catione, che aumenta così il suo numero di coordinazione da 4 in su, favorendo quindi la sostituzione del catione del Si, con i cationi modificatori, che diminuiscono la viscosità del magma perchè interrompono la catena silicatica.

Viscosità e volatili

Tutti i magmi contengono gas (volatili) disciolti nel liquido alle alte profondità; questo perchè abbiamo alte pressioni ad alte profondità.
È opportuno sottolineare che i minerali del mantello (Opx, Cpx, Sp e Olivina) non contengono H2O, sono infatti minerali normalmente anidri (NAMS). Gli unici minerali idrati nel liquido sono Anfibolo e Flagopite. Quindi, attraverso l'osservazione delle percentuali di minerali idrati nel liquido, è possibile stimare la quantità di volatili (es.: nell'anfibolo al max ha 2,5% di volatili, di cui l'H2O tra 0,8 – 1,2%).

Come possiamo stimare la percentuale di minerali idrati, e quindi di volatili, nei magmi di eruzioni passate?
  • Osservando le inclusioni fluide, ossia bolle di gas o liquido, che rimangono incastonate nei cristalli. Queste bolle (dell'ordine di 100 micron) racchiudono al loro interno tutta la composizione del magma originario e anche del contenuto in volatili originario. Ovviamente bisognerà riscaldarlo per riomogenizzarlo e quindi riportarlo alle condizioni originarie;
  • il metodo indiretto è studiare i plagioclasi.
Ovviamente il contenuto in volatili è diverso per i magmi dei diversi ambienti geo-tettonici. Le dorsali medio oceaniche (MORB) sono quelle con minor contenuto di H2O, infatti i magmi dei MORB sono quelli più anidri (0,5 – 0,8% di volatili). Nelle ofialiti infatti non ci sono anfiboli, perchè le ofioliti sono MORB, ossia magmi che si producono per anatessi al 20% del mantello, quindi ad altissime T (>1500 °C) e a tali T l'anfibolo (minerale idrato) non resiste (si fonde già a 1000 °C).
Nei magmi intraplacca (ad es.: Etna), abbiamo contenuti in volatili maggiori (1 – 2,5%, anche 3% nell'Etna).
Ma è nei magmi di arco (quindi nelle zone convergenti, ossia Ande) che il contenuto di H2O è elevato (dal 2% al 6%), infatti è proprio qua, dove avviene la subduzione delle zolle, che si hanno tipicamente eruzioni esplosive.

Tornando alla questione della relazione tra viscosità e volatili: H2O e CO2 sono i principali volatili anche perchè sono rappresentativi di due comportamenti diversi, che sono poi seguiti dagli altri volatili poco influenti: i volatili che hanno molecola polare (l'H2O) e quelli che non ce l'hanno (CO2).
Un'altra differenza tra i due volatili è la loro diversa speciazione, ossia le diverse forme che assumono quando entrano in soluzione:

L'acqua entra sia come forma molecolare (H2O) che come forma ossidrile (OH- e H+) e la sua speciazione è funzione della pressione; l'anidride carbonica entra sia come forma molecolare (CO2) che sotto forma di ione carbonatico (CO3 2-) e la sua speciazione è dettata solo dal chimismo del magma.

La speciazione della CO2, abbiamo detto, è regolata solo dal chimismo del magma:
  • nei magmi basici entra come ione carbonatico, nei magmi acidi entra sotto forma molecolare. Ciò è dipeso dal fatto che lo ione cabonatico (CO3 2-) si lega facilmente (essendo una forma instabile) con i cationi alcalini (Na) e con gli alcalini ferrosi (Ca, N …) quando questi sono facilmente staccabili dalla parte silicatica. Essendo questi cationi prevalenti nei magmi basici rispetto a quelli acidi (dove invece prevale la silice), lo ione carbonatico ha tendenza ad entrare più facilmente nei magmi basici che in quelli acidi;
  • nei magmi acidi invece (magmi riolitici = ricchi in silice) la anidride carbonica entra sotto forma molecolare (CO2), ma tutto ciò che entra in soluzione sotto forma molecolare crea legami molto deboli, quindi ha poca importanza.
La speciazione dell'acqua è invece è funzione della pressione. Con la bassa pressione (fino a 200 MegaPascal, circa 6 Km di profondità) l'acqua entra come ione ossidrile; ad alte pressioni (oltre i 200 MegaPascal) invece diventa predominante la forma molecolare.
Alle basse pressioni l'acqua che entra è sotto forma ossidrile perchè, a tali pressioni, l'acqua sotto forma molecolare è troppo grande per poter entrare nei “vuoti” che si trovano all'interno del magma, cosa che invece riesce a fare quando è compressa dalle alte pressioni in profondità.
L'acqua sotto forma molecolare forma dei legami energeticamente molto deboli, l'acqua sotto forma ossidrile invece no.
Alle basse pressioni, quando l'acqua entra sotto forma ossidrile, questa va a depolimerizzare la struttura del fuso silicatico, agendo sui cationi alcalini e rompendo i legami ad ossigeno-ponte tra i tetraedri.
Se quindi il chimsmo di una roccia è molto ricco in legami ad ossigeno-ponte (cioè nelle rocce con struttura tettosilicatica, quindi acide o alcalino alluminifere), possono essere rotti molti legami ad ossigeno-ponte e quindi può essere introdotta molta acqua. Se invece il chimismo è più basico (poca silicie, pochi alcali e poco Al) ce ne posso mettere poca d'acqua perchè ci sono pochi ossigeno-ponte. Quindi un fuso sicilatico contiene più acqua in soluzione quanto più è acido e alcalino alluminifero.
Salendo verso la superficie, l'acqua non ce la fa più a restare in soluzione, poiché depressurizzandosi l'acqua tende ad ampliarsi più veloce di quanto si ampliano i “buchi” nella struttura silicatica, e quindi inizia a uscire dal fuso. Quindi, salendo la pressione, la roccia raggiunge il suo livello di saturazione (cioè la quantità massima di H2O che può trattenere), la supera e inizia a buttare fuori acqua (processo di essoluzione).
Una volta che però tolgo l'acqua al magma, dato che tutte le reazioni di de-volatilizzazione sono reazioni ondotermiche (cioè succhiano calore), si viene a togliere calore al magma, che quindi si raffredda e cristallizza. Questo raffreddamento durante la risalita è però lieve se l'acqua ad uscire è sotto forma molecolare, quindi avendo legami deboli questi richiedono poca energia per rompersi.
Nei magmi invece che contengono grandi quantitativi di acqua (ossia quando questa è entrata sotto forma ossidrile), salendo la pressione, sale la solubilità del magma che inizia a mandare fuori tutta questa acqua, causando un sovrano raffreddamento molto accentuato che può far aumentare la temperatura di liquidus (temperatura alla quale si è sciolto anche l'ultimo cristallino) fino a 100 °C ogni percento di H2O liberata. Ciò naturalmente favorisce la cristallizzazione del fuso e un aumento notevole della viscosità (la viscosità aumenta con il diminuire dell'acqua disciolta in esso), causando le eruzioni esplosive tipiche di margini convergenti di zolla.

Quindi riassumendo, la viscosità diminuisce mostruosamente con la presenza di H2O, e aumenta sensibilmente quando dal fuso si perde l'acqua invenile, ossia l'acqua (OH-) disciolta nel fluido, che uscendo diventa gas (quindi H2O) e determina l'eruzione esplosiva (rapida cristallizzazione del fuso).
Lo ione ossidrile (OH-) che funge da depolimerizzante dei tetraedri silicatici, lavora così: il legame OH- è molto più forte del legame SiO2. Quando l'ossidrile entra, rompe il legame “ossigeno-ponte” tra i tetraedri SiO4 e si lega all'ossigeno del tetraedro, creando un legame molto fragile, che si chiama “legame di VanderWalls”. Disegno

La CO2 abbiamo visto invece che tende a polimerrizzare un fluido magmatico, in quanto tende ad accappararsi quei cationi modificatori (Ca, Mg, Fe) che andrebbero a rompere l'ossigeno-ponte. In questo modo si accentua la polimerizzazione dei tetraedri SiO4 e di conseguenza la viscosità. Quindi tra CO2 e viscosità c'è una correlazione positiva.

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - CARATTERISTICHE CHIMICHE DEI MAGMI



Fonte: http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/fen_vulcanici.wp (28.12.2012 ore 13.27) 
La maggior parte dei magmi di ambiente geotettonico derivano dal mantello. Il mantello è costruito da PERIDOTITE in prevalenza. Questa è una miscela di Olivina, Ortopirosseno, Clinopirosseno e Spinello. È praticamente una somma di 4 fasi mineralogiche dei 10 ossidi maggiori:
  • l'Olivina contiene percentili doppie di Si, Mg e Fe (ogni 2 moli di Fe e Mg c'è una mole di SiO2);
  • l'Ortopirosseno contiene percentili doppie di Si rispetto al Mg (difatti la formula di Forsterite è (Fe,Mg)2 SiO4);
  • il Clinopirosseno ha un 50% di Si, 15% di Mg e 21% di Ca (la formula della Diopside/Embergite è CaMgSi2O6);
  • lo Spinello ha una composizione ad ossido (non è silicato come gli altri) ed è composto da Al, Fe, Mg e anche Cromo.
La classica MODA di una peridotite fertile (ossia che non ha subito nessun grado di fusione parziale) è di:
  • 55% Olivina;
  • 20% Ortopirosserno;
  • 20% Clinopirosseno;
  • 5% Spinello.
Questa moda però non è esistente in natura. Una peridotite reale (esistente in natura) presenta invece una composizione media modale di:
  • 67% Olivina;
  • 23% Ortopirosseno;
  • 8% Clinopirosseno;
  • 2% Spinello.
Questa moda, detta MODARENITE, è la media di una peridotite che ha subito una fusione più o meno spinta (ca. 5-10%).

Dicesi LIQUIDO per definizione il flusso di una roccia periodotitica del mantello, che a sua volta genera un magma, detto BASALTO, che è il magma più facilmente prodotto dal mantello.
L'EUTETTICO è la percentuale dei minerali che entrano a far parte del fuso (liquido) della roccia peridotitica, e che daranno vita al basalto (eutettico è diverso da moda). Quindi in funzione dell'eutettico, possiamo avere diversi tipi di basalti.

Mediamente un basalto è espresso da questi ossidi: SiO2 al 50%, Al2O3 al 15%, FeO al 10%, MgO al 10%, CaO al 10% e Na2O al 2%. Questi valori degli ossidi maggiori ci indicano che questo basalto è nato da un liquido in cui si sono fusi preferenzialmente Cpx e Sp, perchè:
  • il Ca lo posso ottenere solo se fondo Cpx, perchè è l'unica tra le 4 fasi della peridotite che contiene Calcio;
  • l'Al mi indica che si è fuso lo Sp, perchè è l'unica fase della peridotite che contiene un'alta percentuale di Alluminio.
È possibile quindi classificare un magma (o basalto) a partire dall'identificazione dei 10 ossidi maggiori (ossia i più abbondanti nella Terra) espressi in termini di percentuali in peso, e del contenuto in volatili. La somma di tutti gli ossidi e del contenuto in volatili deve essere all'incirca uguale a 100% del materiale analizzato.

Una delle classificazioni chimiche più utilizzate per i basalti (e quindi le rocce vulcaniche) è quella denominata TAS (Totali Alkalies-Silica), che si fonda sul rapporto tra gli ossidi di K e Na, e la SiO2 del basalto (o roccia).
Mettendo il tutto in un diagramma cartesiano, in ascissa il SiO2 e in ordinata N2O + K2O, è possibile evidenziare 15 differenti campi di basalti, in cui è possibile distinguere diverse serie:
  • Pc: i basalti fortemente sottosaturi in silice (PICROBASALTI);
  • B: i basalti più classici;
  • S: serie subalcalina dei basalti (Andesiti, Daciti);
  • A: serie alcalina dei baslati (Trachibasalti, Shashaniti, Latiti);
  • F: serie di feldspatoidi (Tefriti);
  • U: Foiditi;
  • T: Trachite (ultima fase della sere alcalina);
  • R: Rioliti.
Da ciò il concetto di “affinità seriale”, ossia il riconoscimento di un tipo di roccia mi permette di riconoscere la seria a cui appartiene (es. se vedo Trachite, il magma parentale sarà della serie alcalina). Quindi è un concetto fisso che, se partiamo da un liquido alcalino, si frazionerà un basalto alcalino (e stessa cosa nel subalcalino). Difatti esiste una netta linea di suddivisione tra magmi alcalini e magmi subalcalini.

Oltre al diagramma di TAS esiste una classificazione più appropriata per descrivere i basalti: TETRAEDO DI YODER. Effettuando la norma di un campione (ossia normalizzo l'analisi chimica a determinati minerali normativi) posso evidenziare il grado di saturazione o sottosaturazione in Silice del campione, distinguendo 3 campi:
  • Campo dei basalti Tholeitici (soprassaturazione di Si);
  • Campo delle olivine-tholeiti;
  • Campo dei basalti alcalini (sottosaturazione in Si).
I basalti tholeitici sono fortemente ricchi in Si, e infatti fanno parte della “serie subalcalina”. Questa serie presenta 2 sottoserie:
  • la Tholeitica (tipica di margini divergenti di zolla, ossia delle dorsali, e area basalto islanditici);
  • la Calco-alcalina (tipica di margini convergenti di zolle, ossia piani di subduzione, e area basalti andesitici, da Ande).
Le rocce tholeitiche sono più ricche di Fe della calco-alcaline e le rocce calco-alcaline sono più ricche in Si delle tholeitiche.
Gli olivini-tholeitici sono anche detti basalti transizionali (perchè stanno tra saturazione e sottosaturazione), presentano Olivina e Cpx come fasi normative, e sono tipici di dorsali oceaniche.
I basalti alcalini, sono i basalti più sottosaturi in Si (presenza di Feldspatoide normativa) e sono tipici di punti caldi. Sono in genere basalti che si originano molto in profondità.
Infatti in una roccia peridotitica, la prima fase a frazionare è sempre l'Olivina (quindi alte percentuali di Fe e Mg) in quanto Fe e Mg necessitano di maggiori temperature per restare fusi, e appena si abbassa la temperatura (quindi il liquido sale verso l'alto), cristallizzano. Man mano che diminuisce il Mg aumenta la Si. Infatti più i basalti sono arricchiti in Si, e più si sono fermati vicino alla crosta.
Le TAS e il TETRAEDO DI YODER sono strumenti per classificare le rocce magmatiche effusive.
Per la classificazione delle rocce magmatiche intrusive si utilizza il DOPPIO TRIANGOLO DI STREICKESEN. 

Fonti: Appunti del dott. Gilberto Cerasulo