martedì 24 gennaio 2012

Appunti di Sedimentologia - AMBIENTI SEDIMENTARI


Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Conoide_di_deiezione (24.01.2012, ore 11.04) 

Esistono quelli continentali, di transizione e marini. Quelli carbonatici sono trattati a parte perchè sono particolari in quanto collegati al mondo biologico.

Quelli continentali si dividono in:

  • eolico;
  • lacustre;
  • glaciale;
  • alluvionale.

Quelli di transizione:

  • deltizi;
  • sistemi costieri.

Quelli marini:

  • scarpate.

Come si costruiscono?

Bisogna capire come siano trasportati e come si accumulano ma anche il tipo di contesto ambientale che troviamo. Il concetto di facies è molto importante, per quanto sia oggettivo. Spesso però queste facies ci danno molte informazioni.
Abbiamo i processi meccanici, di trasporto, tettonici, climatici. Spesso ci si riferisce al principio dell'attualismo ovvero conoscere gli ambienti attuali in modo da poter fare delle interpretazioni del passato 

AMBIENTI ALLUVIONALI – CONOIDI E SISTEMI FLUVIALI

Le conoidi vengono distinte in 3 categorie:
  • di detrito;
  • alluvionali;
  • deltaconoidi.
DI DETRITO

Non sono importanti dal punto di vista sedimentologico in quanto non si preservano per lungo tempo. Potrebbero essere importanti in montagna. Il meccanismo di formazione è semplice: caduta di detriti, si staccano massi che poi si accumulano a valle. I depositi sono organizzati con una gradazione inversa data dalla collisione dei grani o dall'azione dispersiva. I massi più grossi sono a valle in quanto hanno più forza di rotolamento.

ALLUVIONALI

Depositi torrentizi con una superficie a forma di cono. Geometria a ventaglio, molto comune in diversi corpi sedimentari. I lobi torbiditici hanno questa forma. I depositi di crevasse pure. Il flusso ha più velocità nella parte superiore per poi diminuire e depositare sedimento nella parte bassa.
Esistono delle zone attive e zone non attive. Alla fine la geometria a cono è data da tante colate che migrano lungo la conoide.
Se faccio una sezione longitudinale potrei trovare vari intervalli legati a processi di piena e a momenti di stasi dove si deposita il sedimento fine. La gradazione dalla zona di apice alla zona del piede sarà del tipo massi grossi → apicale e fini → piedi.

Conoide:
  • apicale;
  • intermedia;
  • piede.
Esistono dei lobi attivi e non alimentati da canali alluvionali. Il profilo è concavo verso l'alto o quasi rettilineo. Questo da luogo al punto d'intersezione.

Profilo di equilibrio: punto in cui da una situazione di prevalente erosione, dove il canale è incassato all'interno della conoide stessa, diventa il punto dove abbiamo deposizione. Zona in erosione a scapito dei precedenti depositi accumulati dalla conoide stessa in cui abbiamo zona di accumulo e deposito al di fuori del nostro punto d'intersezione, legato al nostro profilo di equilibrio del nostro sistema.

Se ci sono variazioni del profili la conoide si modifica, prograda normalmente. Se c'è subsidenza potrebbe anche aggradare.

Caratteristiche:

Energia elevata, regime supercritico e questo influisce sulla capacità e competenza del trasporto. Quest'ultima è la capacità massima trasportabile e la capacità è la quantità di sedimento trasportato nella sezione per l'unità di tempo (portata solida). I depositi saranno in funzione del bacino di alimentazione, generalmente piccolo e anche da un trasporto breve. Questo influisce sulla cernita, sulla maturità composizionale e sulla granulometria. La cernita non è buona, arrotondamento poco, granulometria variabile con prevalenza di granulometria grossolana. Corpi sedimentari variabili, ultimamente si cerca di limitare il termine conoide a quei sistemi di 10 km al massimo. In precedenza alcuni autori consideravano alcune conoidi di 100 km.
Le conoidi sono influenzate dal clima, dal pendio, volume del sedimento trasportato, ecc...
In sezione distinguiamo queste conoidi dai sistemi deltizi dall'angolo più elevato (fino a 25°) con pendenze tipiche comprese tra 2 e 12°.
Bisogna guardare dove si trova il canale di alimentazione, la dimensione, il pattern idrografico che si sviluppa all'interno, angolo di scarpata, variazioni di flusso da zona a zona. Il flusso parte da zone confinate a zone libere, espanse al di fuori della valle o dei canali alluvionali. È importante ricordarsi il tipo di trasporto che mi posso trovare in questo tipo di sistemi. Quello più abbondante ed efficiente sarà il trasporto sul fondo. Questo trasporto in relazione all'angolo di scarpata influisce sulle dimensioni del nostro sedimento che viene trasportato. Più l'angolo è maggiore più vengono trasportate granulometrie maggiori. I geomorfologi considerano le conoidi in base al clima. Dal punto di vista sedimentologico non ha senso, ricostruire il clima non è facile dal prodotto finale dei nostri sedimenti e per questo si utilizza una classificazione basata sui meccanismi di trasporto e deposizione. Infatti vengono distinte 2 principali tipi di conoidi alluvionali:
  • quelle dominate da processi tipo Debris Flow → trasporto di massa;
  • quelle dominate da processi di piena, lame di piena (sheets flood) → trasporto trattivo.
Il classico deposito del primo è un paraconglomerato, no buona cernita, no organizzazione del deposito, matricesostenuta, galleggiamento, base non erosiva in quanto trasporto laminare, spessore maggiore di 50 cm.
Il deposito del tipo trattivo è di tipo ortoconglomerato, ortobrecce, trasporto carico di fondo e sospeso di sedimenti più fini, gradazione diretta, longitudinale, possibili laminazioni incrociate (dune, ripple), regime supercritico, cernita buona.

Fonti: appunti tratti dalle lezioni di Sedimentologia (Scienze Geologiche) - Università degli Studi di Ferrara


lunedì 2 gennaio 2012

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - CLASSIFICAZIONE DELLE ERUZIONI

  Fonte: http://expianetadidio.blogspot.com/2010_05_01_archive.html (2.01.2012 ore 12.38)  
Una prima classificazione delle eruzioni fu quella di TSUYA (1955) che si basava sulla scala di volume dei prodotti emessi (log V depositi). Tuttavia questa classificazione non permetteva di avere un quadro completo della violenza dell'esplosione.
La classificazione più comprensiva e attualmente in uso è quella di Walker del 1973, che permette di definire un'eruzione esplosiva in funzione di due caratteristiche: la sua grandezza e la sua violenza.
La grandezza dell'eruzione è misurabile attraverso la quantità del materiale emesso; la sua violenza è un parametro già difficile da rilevare, in quanto la violenza di un esplosione è connessa sia alla velocità con cui l'energia viene dissipata, sia al modo in cui tale energia viene spesa. Una parametrizzaizione di queste variabili può essere effettuata considerando:
  • l'area di dispersione del materiale emesso (D), espressa in km2;
  • il grado di frammentazione del materiale emesso (F), espresso in percentuale di materiale fine < 1 mm.
Considerando quindi che i depositi vulcanici mostrano una costante diminuzione di spessore all'aumentare della distanza dal centro di emissione, ed è quindi possibile mappare questi depositi in funzione delle ISOPACHE (ossia linee di uguale spessore), è possibile classificare le eruzioni considerando l'area compresa entro l'isopaca 1/100 dello spessore massimo dal centro di emissione per stimare la superficie di dispersione D, e l'isopaca 1/10 per stimare il grado di frammentazione F di quell'eruzione.

Calcolare l'area di dispersione, ci può fornire un'idea dell'altezza raggiunta dalla colonna.
Calcolare il grado di frammentazione non ci permette invece di stabilire chiaramente la violenza di un'eruzione esplosiva, in quanto, per le eruzioni magmatiche la frammentazione è principalmente legata allo stiramento subito dal magma in seguito all'espansione dei gas e alla loro essoluzione, mentre per le eruzioni idro-magmatiche (in quelle cioè in cui il magma viene a contatto con 'acqua esterna) la frammentazione è relazionala allo shock termico subito dal magma.
Considerando la relazione violenza-frammentazione sicuramente nelle eruzioni idro-magmatiche la violenza esplosiva è maggiore, e perciò anche la frammentazione (difatti le troviamo nella parte alta del grafico classificativo); difatti, dato che la violenza rappresenta l'energia rilasciata e tale energia è direttamente proporzionale alla massa di volatili liberati o generati, dato che il contatto magma-acqua è in grado di vaporizzare una quantità d'acqua senz'altro maggiore di quella rilasciata dal fenomeno di essoluzione (è tanto maggiore quanto più grande è la superficie di contatto), ne consegue che la violenza esplosiva sarà notevole e ciò permetterà di frammentare il materiale sia solido che liquido.
Nelle esplosioni idro-magmatiche l'acqua in fase volatile non ha una T molto elevata (può raggiungere i 200-300 °C) perchè il materiale emesso non viene trasportato a grandi altezze. Ne consegue che, confrontando i depositi generati da esplosioni magmatiche o idro.magmatiche, a parità di grado di frammentazione avremo una dispersione minore nel caso delle esplosioni idro-magmatihe (sopratutto nelle eruzioni sottomarine).

Fonte: http://www.geowelt.com/servizi_rischio%20vulcanico.html (2.01.2012 ore 12.37) - Classificazione di Walker

Tra le eruzioni idro-magmatiche distinguiamo:
  • ERUZIONE SURTESEYANA → prende il nome dall'isola islandese di SURTSEY, venuta alla luce negli anno '60 in seguito ad un'eruzione di questo tipo. È un'eruzione sottomarina che si genera quando il magma eruttato dalla bocca entra in contatto con acqua fredda del mare di un logo; si ha in tal caso un elevato numero di esplosioni continue con formazione di nuvole piroclastiche che assumono una forma particolare detta cipressoide o coda di gallo.
    Nonostante l'alto potere di frammentazione di questo tipo di eruzione, tipico delle eruzioni idro-magmatiche, le eruzioni surtseyane si caratterizzano anche per una bassa dispersione dei prodotti eruttivi.
    Il motivo per cui un'eruzione surtseyana, nonostante l'alta frammentazione del magma, ha una bassa dispersione dei materiali emessi sta nel fatto che in questo tipo di eruzioni mancano 2 delle 3 fascie che costituiscono una colonna eruttiva, ossia mancano la fase convettiva e la fase di espansione laterale all'interno dell'atmosfera. Non manca invece la prima fascia di una colonna eruttiva ossia la fascia jet (dove il materiale viene espulso a pressione dalla bocca eruttiva), che genera le tipiche esplosioni a “coda di gallo” dell'eruzione surtseyana.
    Il motivo per cui in questo tipo di eruzione sottomarina non si genera la fase successiva a quella di jet, ossia la fase convettiva (e conseguentemente non si genera la terza fase, quella di espansione laterale nell'atmosfera) è da trovarsi nelle formula del numero di Rayleigh che spiega la formazione dei moti convettivi. Dato che nell'acqua la diffusità termica (k) è maggiore che nell'aria e che quindi le alte temperature si disperdono più velocemente nell'acqua che nell'aria, ciò determina una forte diminuzione della differenza di temperatura (DELTA T) tra il magma eruttato, raffreddatosi con l'acqua, e l'aria. Questa DELTA T minore impedisce lo generarsi della fase di convezione e di quindi quei moti turbolenti che ascendono il materiale emesso fino all'atmosfera, impedendo quindi la classica espansione laterale “a fungo” delle eruzioni e relativa dispersione a lunghe distanze dei prodotti emessi (→ bassa dispersione per le eruzioni surtseyane);
  • ERUZIONE FREATO-PLINIANA → è il secondo tipo d eruzione idro-magmatica conosciuta, ossia eruzioni caratterizzate da un contatto diretto tra magma e acqua esterna (non invenile, ossia interna al magma). 


    Altri tipi di  eruzioni secondo Walker sono: 
  • ERUZIONE HAWAIANA → sono le eruzioni con più bassa dispersione e frammentazione dei materiali emessi. Sono eruzioni tipiche dei vulcani delle isole Hawaii. Sono caratterizzate da magmi basici fluidi e consistono nella emissione tranquilla di colate fluide ad alte temperature (1100 °C/1200 °C) con un contenuto molto basso di volatili e l'emissione di fontane di lava (getti di materiale incandescente). Lo scorrimento della lava fuori dalla bocca (o bocche) è legato alla gravità, alla viscosità del flusso, alla pendenza del terreno e alla topografia. I vulcani che si formano in seguito all'attività hawaiiana hanno forma conica molto appiattita e vengono detti “vulcani a scudo”;
  • ERUZIONE STROMBOLIANA → sono tipiche delle isole di Stromboli (isole Eoilie). Nonostante il magma generalmente basico, sono caratterizzate da una viscosità maggiore rispetto alle Hawaiiane, che rende più difficile la fuga di volatili. Ciò provoca piccole esplosioni ritmiche, più o meno regolari, con lancio di brandelli semi solidi di lava nera e rossa (dette scorie di lancio) e vetri (la colonna eruttiva in genere non raggiunge più di 300 m di altezza). Quando l'attività è particolarmente intensa, il cratere si può brecciare e piccole colate laviche fuoriescono scorrendo lungo i pendii del cono (le famose “sciarre di fuoco” di Stromboli).
    Chimicamente la viscosità tra attività hawaiiana e attività stromboliana risulta comparabile; ciò che regola la “maggiore esplosività” della seconda attività è il flusso magmatico: infatti nell'attività stromboliana il rifornimento magmatico è più scarso e meno costante nel tempo rispetto all'attività hawaiiana, facendo si che la dispersione di calore lungo il condotto sia maggiore ed il magma tenderà a divenire più viscoso. Nell'attività hawaiiana invece il continuo rifornimento magmatico fa si che il magma non ha modo di raffreddarsi e pertanto rimarrà fluido;
  • ERUZIONE PLINIANA → sono le eruzioni più esplosive tra quelle dove nn c'è interazione magma-acqua esterna. Sono generate da un magma viscoso acido ricco in gas dove il magma impedisce la fuoriuscita delle bolle gassose; queste si concentreranno verso la sommità della colonna magmatica esercitando una pressione sempre crescente fin quando la resistenza del magma stesso non verrà superata. L'esplosione che ne deriva è particolarmente violenta, in seguito alla rapida accelerazione del gas e la frammentazione violente del magma. Si genera una colonna eruttiva formata da pomici (in quanto il materiale emesso sarà fortemente vescicolato), ceneri e blocchi, che può superare anche i 40 Km di altezza. Dopo una caduta balistica di tali prodotti, possono originarsi depositi di colate a ceneri e pomici (flussi piroclastici) che vanno a coprire i depositi di pomici e ceneri precedenti. Durante l'esplosione viene estratta una tale quantità di magma dalla camera sottostante che la cima del vulcano può collassare e produrre una caldera.
    Ceneri e frammenti fini sono quelli che vengono dispersi su di un'area molto vasta, dato che raggiungono le quote più elevate e vengono dispersi dai venti, specialmente durante lo stadio iniziale dell'eruzione. Queste eruzioni prendono il nome da Plinio il Giovane che discusse dettagliatamente l'eruzione del Vesuvio del 79 D.C. 
Tra i casi citati non è stato affrontato quello in cui il contatto acqua esterna – magma avviene all'interno della stessa camera magmatica, ma non per essoluzione di acqua dal magma, ma per un ingresso di acqua marina dentro la camera.
L'ingresso di acqua fredda dentro una camera magmatica comporterebbe una rapida evaporazione del fluido 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo