domenica 20 gennaio 2013

Appunti di Sedimentologia - STRUTTURE SEDIMENTARIE DEFORMATIVE


 
Fonte: http://www.viaggiaresempre.it/fotogallery51zPalmarolaTramontanaVerdella.html (20.01.2013 ore 11.08) 

Distinguiamo tra: 

  • Sin-deposizionali --> 

    • Da disseccamento (MUD CRACKS); 
    • Da cementazione precoce (TEPEE) --> la produzione di cemento aumenta il volume e pertanto la superficie tende a deformarsi verso l’alto. Da non confondersi con la fluidificazione che è un fenomeno isolato che si instaura sui depositi sabbia fango, mentre i tepee sono tanti --> c’è continuità laterale e si instaurano su depositi fangosi; 
    • Da gocce di pioggia (RAIN DROP); 
    • Da crescita di cristalli di ghiaccio o sale

  • Post-deposizionali --> 

    • Da carico --> 

      • LOAD CASTS; 
      • BALL and PILLOWS (pseudonoduli) --> si trovano comunemente nei depositi torbiditici; 

    • Da iniezione --> vulcanetti di sabbia-fango (sarse di mirano);
    • Da espulsione --> strutture da sfuggita di acqua; 
    • Convoluzioni --> lamine deformate;
    • Brecce e megabrecce --> le più importanti post-deposizionali di brecce sono le “brecce ad iniezione”, da forma cilindrica dovute ad espulsione dal basso che genera queste strutture verticali con clasti di dimensioni variabili; 
    • Piegamenti intraformazionali (SLUMPINGS) --> sono degli intervalli intraformazionali deformati che si sviluppano in condizioni plastiche. Possibili fautori di movimenti di Slumpings possono essere: piccoli terremoti, piccole pendenze di scarpata o piattaforma sottomarina o per frane sottomarine.
Fonte: Appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 


Appunti di Sedimentologia - STRUTTURE DEFORMATIVE BIOGENE


 
Fonte: http://www.geol.umd.edu/~jmerck/geol342/lectures/03.html (20.01.2013 ore 10.38) 

Distinguiamo le strutture sedimentarie biogene:
  • DA ACCUMULO --> 
    • Resti scheletrici --> accumuli detti “panchina” di gusci spiaggiati che indicano un evento di tempesta e che possono andare a costituire dei livelli nella successione di spiaggia;
    • Biocostruzioni --> es reef, rudiste, stromatoliti;
  • DA BIOTURBAZIONE --> le più importanti strutture deformative da bioturbazione sono quelle generate dalla attività di organismi bentonici sia sulla ID (= interfaccia deposizionale) che interne al sedimento (= burrows).
    Seilacher, nel 1967, ha distinto le morfologie da escavazione ad opera di organismi, mettendole in  relazione con la profondità, distinguendo così le cosiddette ICNOFACIES, ossia delle tracce fossili molto importanti perché in assenza di fossili ci permettono di rilevare la profondità alla quale si trovava il sedimento quando l’organismo ha generato quella traccia fossile. 
Pertanto le icnofacies sono delle associazioni di tracce fossili che permettono una zonazione dell’ambiente e della batimetria sottomarina:
    • SKOLITHES --> icnofacies da aree costiere con fondi sabbiosi e/o fangosi (quindi da zona litorale), costituite da tracce superficiali e gallerie semplici (burrows) di rifugio e abitazione a sviluppo verticale, prodotte da organismi marini sospensivari o filtratori; 
    • LIRUZIANA --> icnofacies da ambiente sublitorale (entro i 200 m di profondità), costituite da prevalenti tracce superficiali di ripasso e reptazione e da gallerie orizzontali semeplici o ramificate; 
    • ZOOPHYCOS --> icnofacies più tipiche da ambiente marino profondo (abissale, tra i 200 e i 2 000 m di profondità), con gallerie più elaborate, spiralate; 
    • NEREITES --> icnofacies da zone abissali, con piste e tracce superficiali di escrezione e nutrizione, spiralate, meandriformi, a riempimento sabbioso-siltoso, in formazioni torbiditiche.
Ognuna di queste associazioni di tracce fossili è composta da più tracce di bioturbazone che evidenziano attività diverse dagli organismi biotrurbanti sia sulla ID (interfaccia deposizionale) che interne al sedimento (burrows).

Distinguiamo quindi:

  • BIOTURBAZIONE SULLA ID -->
    • Da RIPOSO (CUBICHINIA); 
    • Da LOCOMOZIONE (REPICHINA); 
    • Da PASCOLO-NUTRIZIONE (PASSICHINIA) --> 

      Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

  • INTERNE (BURROWS) -->
    • Da ABITAZIONE (DOMICHINIA); 
    • Da NUTRIZIONE (FODINICHNIA) --> generalmente comporta una bioturbazione; 
    • Da FUGA

       
      Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 
  • DA BIOEROSIONE --> le perforazioni ad opera degli organismi di solito si localizzano nelle zone di battigia, quindi sono perfetti indicatori della linea di costa.

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo


sabato 19 gennaio 2013

Appunti di Sedimentologia - CLASSIFICAZIONE STRUTTURE DEPOSIZIONALI - STRUTTURE SEDIMENTARIE EROSIVE


 
Fonte: http://www.dicom.uninsubria.it/campusweb/corsi/sc_amb/stage/stage_2003/aspetti_geologici%20dolomiti.htm (19.01.2013 ore 16.25) 

Le strutture erosive sono le impronte di erosione che si sono formate e preservate nei sedimenti. In generale le strutture erosive si dispongono parallelamente alla direzione principale di flusso e quindi possono indicare quelle che erano le paleolinee di costa, i paleopendii: pertanto sono spesso “indicatori paleogeografici”. 

Strutture erosive: 

  • CANALI
     
  • DA FLUSSI --> sono le strutture erosive scolpite e cesellate da vortici di turbolenza alla base dello strato. Riconosciamo i FLUTE CASTS, ossia dei calchi naturali di piccoli spazi vuoti erosi da turbolenza di correnti. La direzione della corrente è stimabile dalla osservazione dei calchi: la punta della forma a V indica il senso da cui si allarga la direzione; 

    Fonte: appunti del dott. gilberto Cerasuolo

  • DA OGGETTI --> sono le strutture erosive generate per impatto di oggetti (tool mark) trasportati dalla corrente. Distinguiamo 3 tipi di strutture sedimentarie da oggetti: 
    • Da trascinamento (GROOVE CAST), sono dei solchi da trascinamento di oggetti, il solco può essere continuo, oppure costituti da tracce a V (chiamati “chevrou casts”), oppure ancora da rotolamento e rimbalzo dell’oggetto (chiamate “roll-skip”); 
    • Da impatti (SCOUR MARKS); 
    • Da rotolamenti

  • DA OSTACOLI --> sono le strutture erosive che si generano in seguito ad un ostacolo che blocca un flusso. 

     
    Fonte: appunti dell dott. Gilberto Cerasuolo 
     
  • DA RUSCELLAMENTO --> strutture erosive generate in seguito al ruscellamento di corsi d’acqua (RILL). 

Ciò che l’erosione ad opera di un flusso idrico può generare sono anche i cosiddetti INDICATORI DI EROSIONE. 

Ad esempio i CLAY CHIPS, ossia dei ciottoli argillosi, generati per erosione, che si vanno a depositare alla base del deposito di flusso, permettono anche a volte uno studio della direzione del flusso stesso, mediante embriciatura dei ciottoli. 

Il RIP-UP CLASTS è proprio il deposito alla base formato dai CLAY CHIPS, questi frammenti di erosione di ciottoli o schegge di fango, che possono anche assemblarsi a formare palle di fango corazzate (armored balls). 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Appunti diSedimentologia - MARGINE


Fonte: http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0037073805000539 (19.01.2013 ore 14.30) 
    
Il margine di una piattaforma carbonatica può essere: 

  • Sabbioso
  • Biocostruito

MARGINE SABBIOSO 

Trova la sua ubicazione prevalentemente nel margine riportato dai venti (ossia margine leeward = sottovento), ma si possono trovare anche nel margine che riceve i venti dominanti (ossia margine windward = sopravento). Nei leeward margins la zona di formazione delle ooliti sarà quella di mare basso (in quanto le ooliti si formano in ambienti con una certa energia). Nei windward margins i sedimenti sabbiosi si spostano verso la laguna (caratterizzata da fondo scuro per presenza di alghe Athalassia) e prendono il nome di SHOALS OOLITICI (= banch oolitiici). 

Prevalentemente la loro composizione è costituita da ooliti (ossia grani carbonatici costituite da aragonite), ma a seconda della percentuale di aragonite disciolta in mare (curva di Sandberg), la composizione dei margini sabbiosi può variare tra sabbie oolitiche e sabbie scheletriche. Entrambe queste sabbie si accumulano in dune sottomarine, in barre tidali, delta tidali, sabbie di periscogliera (= rottura di scogliere per meccanica delle onde o per attività organica), in spiagge, dune eoliche o in lobi spiaggiati. 

Dal punto di vista delle geometria, il margine protegge la laguna e pertanto può essere regolato da: 

  • Moto ondoso --> in questo caso il moto ondoso che proviene generalmente dal margine windward, sviluppa dei cordoni di sabbia oolitica; 
  • Maree --> le sabbie oolitiche tendono ad organizzarsi parallelamente al movimento di flusso e riflusso della marea, generando dei canali tidali sottomarini poco profondi e dei banchi oolitici perpendicolari alla costa, chiamati TIDAL BAR FELT o JOULTER OOIDS SHOALS (a volte coperti da vegetazione). 

Gli shoals oolitici hanno un evoluzione strettamente legata agli eventi di tempesta, in quanto spinti dai venti dominanti (windward) e dalle tempeste, tendono a spostarsi gradualmente verso la laguna. 
Sul margine sopravento di uno shoals oolitico, detto lobo attivo, possono svilupparsi i SPILLOVERS LOBES

Fonte: appunti  del dott. Gilberto Cerasuolo 

Dal punto di vista sedimentario, gli shoals ooliti si possono riconoscere sul record stratigrafico per: 

  • Granulometria ad ooliti; 
  • Foreset inclinati che mi danno la direzione di accrezione (spesso non si preservano e per poterli riconoscere bisogna vedere i sedimenti associati, ossia vedere per esempio se ci sono depositi subtidali, ossia di laguna); 
  • Da laminazioni oblique bisensoriali (Herringbone cross lamination) che indicano il senso di marea. 

Dal punto di vista applicativo, i margini sabbiosi sono importanti in quanto possono diventare degli ottimi reservoir, in quanto hanno una perfetta porosità (= grainstone) mentre la permeabilità è buona e dipende dal tipo di diagenesi. Uno dei reservoir da margine sabbioso attualmente più importante è la SMACKOVER formation, sviluppatasi nel Giurassico Medio nel sud degli USA quando avvenne un alto sviluppo di margini oolitici. 

ISOLE 

Nel caso in cui questi accumuli di sabbia vengano ricoperti di vegetazione, possiamo parlare di isole, ossia di sistemi di spiaggia duna lungo questi margini sabbiosi. 

Un sistema di barriera-isola (BARRIER ISLAND) si presenta in questo modo:

Fonte: appunti  del dott. Gilberto Cerasuolo

Dal punto di vista sedimentario avremo festoni nello shoreface (con hummocky nella zona più profonda) chiusi superiormente da laminazioni incrociate (foreset) del forshore. Quindi rispetta il classico log da spiaggia. 

Regressive Barrier Model (si abbassa livello del mare, quindi la linea di costa va verso il mare aperto. Quindi dove c’era bacino diventa spiaggia. Quindi progradazione del sistema). 

Fonte: appunti  del dott. Gilberto Cerasuolo

Trasgressive Barrier Model (si alza il livello del mare, arretra la linea di costa. Quindi retrogradazione del sistema. Laddove c’era laguna diventa spiaggia). 

Fonte: appunti  del dott. Gilberto Cerasuolo

Barrier Iulet Model (insenatura) 

Fonte: appunti  del dott. Gilberto Cerasuolo 

Le dune superficiali spesso possono essere costituire da dune oolitiche generate dal vento, che prendono il nome di EOLIANITI. 
Queste dune eoliche si generano per diagenesi molto veloce, senza compattazione. Sono caratterizzate da foreset più inclinati. Spesso in caso di esposizione subaerea possono generarsi delle tracce di esposizione. Le più comuni sono le terre rosse; altre sono gli elementi bauxitici. 

Bluettole = dolomia subacquea nel reef. 

MARGINE BIOCOSTRUITO (REEF) 

Quando si parla di piattaforma orlata (RIMMED PLATFORM), si parla di margine biocostruito (REEF), ossia un margine sviluppato dall'azione dei coralli (nell'attuale). 
Riconosciamo una zonazione sedimentologica, biologica e morfologica di un margine biocostruito. 

Fonte: appunti  del dott. Gilberto Cerasuolo 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 


Appunti di Sedimentologia - GLI AMBIENTI DEPOSIZIONALI CARBONATICI


Fonte: http://www.wwf.it/client/render.aspx?root=996 (19.01.2013 ore 12.28) 

Distinguiamo: 

  • Piattaforma interna
  • Margine
  • Scarpata
  • Bacino

PIATTAFORMA INTERNA 

È costituita da 2 zone: m

  1. Piana tidale
  2. Laguna

Entrambe le zone sono a bassa energia, dove pertanto prevalgono sedimenti fini. 

PIANA TIDALE 

È la zona soggetta agli andamenti di marea, difatti ricca di canali tidali. 

Distinguiamo la zona subtidale (zona marina), la zona intertidale (ossia la zona canalizzata), e la zona sopratidale (ossia la palude algale, ricca di mangrovie). 
Lungo i canali tidali le zone più chiare sono gli argini costituiti da fango, a cui seguono subito dopo delle zone più scure, costituire da alghe e mangrovie. Quindi nella piana tidale prevalgono fanghi con tappeti algali, a formare strutture MUD CRAPS. 
La piana riceve sedimento (sopratutto fango e poco silt) solo durante gli eventi di tempesta o durante le maree. 
Lungo i canali abbiamo depositi da CREVASSE, ossia depositi da rottura di argine. 

Dalla sezione di un canale tidale appare evidente la similitudine con un canale da meandro (entrambi si muovono nello spazio). Si può riconoscere un log basale, chiamato CHANNEL LOG. In sommità possono generarsi dei crostoni dolomitici, ossia fenomeni di cementazione con formazione di intraclasti. 

Osservando una carta della zona sopratidale, distinguiamo:

  • Parti più scure --> laminazioni algali, stromatolitiche piano parallele; 
  • Parti più scure --> micrite e fango carbonatico, la micrite può giungere anche da eventi di tempesta, andando  a decantarsi tra i livelli stromatolitici. 

Lo spessore di questi sistemi deposizionali da piana tidale si aggira sui 4 m (o comunque spessore esiguo) in quanto rispecchia una sedimentazione recente, in quanto il livello del mare ha raggiunto il livello attuale circa 6 500 anni fa (nel Pleistocene). 

Log da piana tidale Bahamas 

Fonte: appunti del dott. gilberto Cerasuolo 

Nel Golfo Persico, la piana tidale è più sviluppata perché c’è un regime mareale maggiore, quindi un ambiente a maggiore energia, con canali più grandi, e con frequenti fenomeni di avulsione e abbandono. 
Nel Golfo Persico i livelli tra le laminazioni algali possono essere legati anche a cicli di marea stagionali (quindi non per forza legati a eventi di tempesta, come è per la Florida). 

LAGUNA 

È la zona subtidale per eccellenza della piattaforma interna. In questa zona mi aspetto di trovare sedimenti fini (quindi micrite e fango carbonatico) in quanto è un ambiente a bassa energia. 

La produzione di sedimento è data da alghe come il PENICILLUS o l’ALIMEDA (alghe verdi) o per precipitazione chimica di aghetti aragonitici da parte di microorganismi (gli WHITINGS sono delle chiare branche nella laguna dove avviene forte precipitazione chimica di questi aghetti). 
Nelle aree lagunari c’è fortissima bioturbazione. Il fondo è costellato da vulcanetti di sabbia prodotti da crostacei (callianassa). 

Nella laguna sono state scoperte anche stromatoliti subtidali (anche se molto rare) che non sono depositi relitti ma sono attualmente in produzione. Possono avere dimensioni colonari dentro sabbie oolitiche (CWUB SHAPE), oppure forma a molari (MOLAR SHAPE), oppure con allungamento lineare (LINEAR SHAPE). 

CICLI PERITIDALI (Dolomia principale) 

I cicli peritidali sono delle successioni sedimentarie dei 3 ambienti tidali (inter, sopra e subtidale), legati ai cicli di Milankovic (eccentricità, precessione, obliquità). 

Log di zona lagunare 

Fonte: appunti di Gilberto Cerasuolo 

Log di piana tidale

Fonte: appunti di Gilberto Cerasuolo

Log di ciclo peritidale

Fonte: appunti di Gilberto Cerasuolo

Lo spessore della zona subtidale va dai pochi cm ai 10-15 m. 
Il ciclo peritidale si forma dipendentemente alla produzione di sedimenti ma anche per parametri esterni (nel Latemar, un ciclo è stato misurato di 21 000 anni, pari alla precessione terrestre). 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

venerdì 18 gennaio 2013

Appunti di Sedimentologia - AREE A SEDIMENTAZIONE CARBONATICA ATTUALI


Esse  sono:

  • PIATTAFORMA FLORIDA OCCIDENTALE --> la produzione di CaCO3 nella zona di mare basso è relegata ad una massima zona di scogliera corallina, poiché ci troviamo vicino al Delta del Mississippi, ossia dove confluisce un forte apporto terrigeno-silicoclastico lungo la costa. Lungo tutta la piattaforma, ad una profondità tra 80 e 100 m, è particolare notare una fascia di eoliti, oggi interpretati come sedimenti relitti quando il livello del mare era più basso. Le ooliti infatti dovrebbero stare nella zona di margine, cioè nella zona più superficiale, in quanto le ooliti per formarsi devono stare in movimento;
  • PIATTAFORMA YUCATAN OCCIDENTALE --> Famosa per il cratere d’impatto di un asteroide 65 Ma fa. Caratterizzata da una larghissima piattaforma interna (130-190 Km) costituita da sabbia e molluschi, a cui segue una scarpata che si approfondisce fino a 200 m, caratterizzata da sedimenti relitti di ooliti (legati a livello del mare più basso);
     
  • BELIZE --> la piattaforma del Belize è a sud della penisola dello Yucatan. L’alto tasso di nutrienti per la confluenza di fiumi lungo costa determina uno sviluppo delle barriere coralline a largo, sviluppando piattaforme orlate;
  • PIATTAFORMA DEL BRASILE --> abbiamo una zonazione in 3 settori in funzione della latitudine: 
    • Zona tropicale, con associazione CHLOROALGAL (alghe rosse, holimesa e alghe verdi, amphistegine); 
    • Zona di transizione, con alghe rosse e briozoi; 
    • Zona fredda temperata (più a sud), con associazioni foramol. 
           Le barriere coralline si instaurano solo a partire dalla foce del Rio delle Amazzoni Sud;

  • BARRIERA AUSTRALIANA ORIENTALE (Great Barrier Reef) --> barriera più lunga attualmente nel mondo (lunghezza 2 000 Km), con larghezza fino a 290 Km, ed è composta da più di 2 500 reefs che nel complesso formano la barriera;
  • SHARK BAY (AUSTRALIA OCCIDENTALE) --> il clima arido-semiarido, associato alla bassa energia del moto ondoso nella baia, determina una forte evaporazione, generando così il contesto ideale per la formazione delle stromatoliti;
  • GOLFO PERSICO (ABU DHABI) --> il Golfo Persico è un esempio attuale di rampa carbonatica. Le troviamo in ambiente mesotidale (marea di 2 m), con clima arido (16-44°C), bassissime precipitazioni (3-4 cm/anno), tettonica e subsidenza praticamente assenti, alta salinità (40-45°/00) (che comporta la precipitazione di depositi evaporitici: sabbia), dominate da venti che vengono dall'area continentale, e un input terrigeno moderato. 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

          Delta di marea:

    • Flusso (verso l’interno); 
    • Riflusso (verso l’esterno). 

           Abbiamo:

    • Sabbie oolitiche nei delta di riflusso; 
    • Patch reefs (reef isolati) tra una zona oolitica e l’altra (non si innestano sulle sabbie oolitiche perché non trovano l’appoggio ideale per crescere, preferendo zone dove non c’è movimento di sedimento verso il fondo); 

           TAPPETI ALGALI nella zona intertidale, al passaggio laguna-sbteha;

  • FLORIDA MERIDIONALE --> li troviamo in ambiente meridionale (range di marea 0.5), con tettonica quiescente e subsidenza moderata, precipitazioni relativamente alte (100-150 cm/anno), temperature moderate (10-35°C), tasso di evaporazione moderato, venti prevalentemente continentali con frequenti tempeste tropicali. Costituita da 3 Km di barriera biocostruita, che bordano una baia interna con prevalente associazione FORAMOL (molluschi + foraminiferi) e sedimenti fini-fangosi. 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

  • BAHAMAS --> ambiente microtidale (< 1  m), tettonica e subsidenza quiescenti, altorilievi sottomarini e zona di piattaforma bassa, piogge stagionali, temperature moderate (20-30°C), salinità normale, tempeste tropicali comuni, nessun input terrigeno. Ci troviamo in un banco oceanico isolato da terra con un accrescimento della piattaforma carbonatica nella zona fotica che raggiunge quote molto alte, anche al livello del mare. La distribuzione dei sedimenti è in funzione dell’organizzazione dei venti. 

          I reef sono abbondanti lungo le zone dove c’è maggiore ricambio d’acqua, quindi il mare aperto,        
          da cui giungono i venti principali.

    • GRAINSTON A PELOIDI --> dominano nelle zone dove c’è continuo rimaneggiamento (difatti il fango non si riesce a depositare); 
    • PACKSTONE A PELOIDI --> si trovano nelle zone più protette dalle isole, che li proteggono dai venti e dalle correnti; 
    • WACKESTONE A PELOIDI --> anche questi abbondano nelle zone protette dalle isole barriere; 
    • GRAINSTONE OOLITICI --> sono dominati dalle correnti tidali. 
Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Appuntidi Sedimentologia - TIPI DI PIATTAFORME CARBONATICHE


Fonte: http://storiadellageologia.blogspot.it/2011/10/frana-nel-latemar.html (18.01.2013 ore 15.25)

Esistono diversi tipi di classificazione delle piattaforme carbonatiche, in funzione dei loro caratteri. 

In funzione del loro profilo distinguiamo: 

  • RIMMED SHELF (larghezza 10-100 km) o PIATTTAFORMA ORLATA: superficie piatta con margine più o meno rilevato rispetto alla zona interna, presenta scarpata con angoli di 35-40° (ciò le differisce dalle scarpate silicoclastiche, che hanno angoli più bassi); 
  • RAMP (larghezza 10-100 Km) o OMOCLINALE --> superficie senza rottura di pendio, con inclinazione <= 1,5°. 
Considerando la dimensione, parliamo di: 
  • PIATTAFORME EPEIRICHE --> estese da 100 a 10 000 Km. 
Considerando la disposizione, abbiamo: 
  • PIATTAFORMA ATTACCATA
  • PIATTAFORMA ISOLATA o BANCO OCEANICO
Tenendo conto dell’evoluzione del sistema, abbiamo: 
  • PIATTAFORMA ANNEGATA --> DROWNED PLATFORM. 

Una piattaforma carbonatica orlata è divisa principalmente in 4 parti:  

  1. TRANSIZIONE AL BACINO; 
  2. SCARPATA --> l’angolo di inclinazione delle scarpate si riflette sul tipo di geometrie deposizionali: con angoli > 25° avrò erosione, con angoli 10-12° by-pass, con angoli bassi (2-3°) avrò fenomeni di accrezione; 
  3. ZONA DI MARGINE --> vedi sotto;  
  4. PIATTAFORMA INTERNA --> PIATTAFORMA DI MARE BASSO --> zona di margine e piattaforma interna. 
La zona di margine è occupata dai coralli che creano una barriera idrodinamica rispetto al moto ondoso che viene dal mare aperto e quindi permette lo sviluppo di una zona protetta interna lagunare che può essere soggetta ad escursione di marea (piana tidale). In generale il margine può essere biocostruito o sabbioso (di tipi eoilitico) o entrambi. 

Una piattaforma carbonatica a rampa si divide in 3 zone: 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Queste 3 zone si ottengono in funzione del livello di base delle onde. 

Non esiste un modello generale per spiegare le facies da piattaforma carbonatica, pertanto in caso di esplorazioni petrolifere e pozzi non ho idea di cosa posso trovare lateralmente: posso cioè avere un’idea delle geometrie deposizionali, delle litofacies e quindi del livello di porosità e permeabilità delle rocce all'interno. 

Quindi conoscere al meglio quali sono stati i fattori di controllo e i processi di deposizione (tipi di associazione faunistica, paleotopografia, eustatismo, zona fotica, ecc…) può aiutarci nella interpretazione e nella predizione del modello di facies del sistema carbonatico. 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo

Appunti di Sedimentologia - INTRODUZIONE AI CARBONATI, LA SEDIMETAZIONE CARBONATICA


Fonte: http://www.digilands.it/natura-illustrata/scienzacultura/triassico/index.html (18.01.2013 ore 13.36) 
CARBONATE ARE BORN, NOT MADE (frase di un geologo canadese), questa frase rispecchia il centro focale della sedimentazione carbonatica. 

Al contrario dei depositi silicoclastici, infatti, i depositi carbonatici hanno una stretta correlazione con il mondo biologico, e gli organismi nel particolare. 

I 3 principali principi della sedimentazione carbonatica sono quindi: 

  1. ORIGINE ORGANICA; 
  2. AUTOCOSTRUENTI; 
  3. LABILITA’ DIAGENETICA (ossia hanno una cementazione precoce). 

A questi va ad aggiungersi il fatto che la produzione dei carbonati è molto localizzata. 

La CRESCITA e PRODUZIONE dei carbonati ha quindi stretti legami con l’ambiente oceanico, e ai fattori biologici, geografici, fisici e chimici degli ambienti oceanici, ossia: 

  1. CHIMISMO DELLE ACQUE; 
  2. LUCE;
  3. PROFONDITA’; 
  4. LATITUDINI; 
  5. TEMPERATURA E SALINITA’; 
  6. NUTRIENTI; 
  7. CORRENTI.

Si analizzano ora i diversi fattori di controllo in una deposizione carbonatica: 

CHIMISMO DELLE ACQUE --> 

Nel caso del tempo geologico, la composizione chimica del mare è stata soggetta a cicli secolari di fluttuazione di calcite e aragonite. La curva di Sandberg ha messo in evidenza come esista una buona correlazione o corrispondenza (anche se non perfetta) tra i periodi di mare aragonitico e i periodi di mare calcitico, e gli episodi climatici di Greenhouse (quando non abbiamo calotte glaciali) e di Icehouse (quando ci sono calotte glaciali). Per la precisione: 
  • Greenhouse --> mare calcitico; 
  • Icehouse --> mare aragonitico. 
Attualmente ci troviamo in un periodo di Icehouse (aragonite). Il chimismo calcitico o aragonitico delle acque ovviamente si riflette sugli organismi, sulle loro strutture o gusci. Ci sono organismi che sviluppano un guscio aragonitico (come i coralli, infatti oggi c’è diffusione dei coralli come produttori di barriere), mentre altri che prediligono un guscio calcitico (le rudiste). Altri organismi invece hanno famiglie sia con guscio aragonitico e altre con guscio calcitico come le rudiste. 

Altro fattore chimico condizionante nelle acque è il rapporto Mg/Ca. Questo rapporto è inversamente proporzionale al contenuto di calcite nelle acque: la calcite più stabile è quella a basso contenuto di Mg (LOW-Mg CALCITE), e corrisponde ai periodi di mare calcitico (greenhouse), mentre nei periodi di mare aragonitico privilegiava una calcite meno stabile, ad alto contenuto di Mg (HIGH-Mg CALCITE), che provoca la deposizione di depositi evaporitici in gesso (MgSO4) (tantè che nel messiniano, miocene, ci fu una diffusa deposizione di gesso nel Mar Mediterraneo che corrispondeva ad un passaggio a Mare aragonitico). 

LUCE --> 

La penetrazione della luce segue una curva che decresce in maniera esponenziale all'aumentare della profondità. Quindi la massima produzione carbonatica, almeno nell'attuale avviene nei primi 10-20 m. Ovviamente più l’acqua risulta trasparente, più questa zona di produzione può spingersi in profondità. Nelle zone carbonatiche o del Pacifico si ha produzione di CaCo3 anche fino a 80-100 m, tuttavia 100 m è il limite massimo della zona eufotica, ossia il livello dove l’O2 prodotto per fotosintesi e quello consumato per la respirazione sono bilanciati. 

ZONA OLIGOFOTICA --> zona con poca luce dominata dalle alghe rosse. 

NUTRIENTI --> 

Un fattore limitante alla penetrazione della luce sono i nutrienti disciolti in acqua. Per esempio, in Sud America, abbiamo ad Est bassa penetrazione della luce per l’immissione di sedimenti da parte del Rio delle Amazzoni, mentre ad W per la risalita di correnti di upwelling (correnti fredde ricche di nutrienti) abbiamo diminuzione della trasparenza dell’acqua. Anche nel Mediterraneo la produzione dei coralli è ostacolata dai troppi nutrienti: difatti i coralli sono abituati a zone con pochi nutrienti quindi vivono in ambiente OLIGOTROFICO (nel Mediterraneo penetrazione luce: 90m). 

PROFONDITA’ --> 

La produzione carbonatica si concentra nella zona fotica, zona di penetrazione della luce. 

LATITUDINE --> 

La latitudine è un altro fattore condizionante la distribuzione e crescita delle facies carbonatiche. 
Difatti i coralli riescono a sopravvivere fino a latitudine di 35° Nord e Sud (l’Italia si trova sui 40° Nord); le Holimea (alghe verdi) fino a 30°; le alghe rosse e i foraminiferi si trovano sia in contesti tropicali che temperati. Molluschi, briozoi e brachiopodi diventano più abbondanti man mano che ci si sposta verso le alte latitudini. 
In generale la zona di crescita attuale e maggiore delle facies carbonatiche si ha tra gli 0° e i 20° di latitudine, scomparendo oltre i 40°. 

PRINCIPALI PRODUTTORI CaCO3

Cretacico sup --> rudiste; terziario, nell’intervallo paleogenico --> LBF (large Beuttric Foraminifer = Numuliti); terziario più attuale --> coralli. 

Tutti questi fattori, più temperatura e salinità, hanno portato gli autori a distinguere 2 principali associazioni faunistiche di produzione di CaCO3: 

  1. I CHLOROZOAN (alghe verdi + coralli) --> rispecchiano tipiche associazioni da onda tropicale; 
  2. I FORAMOL (foraminiferi + molluschi) --> associazioni tipiche di aree temperate fredde. 

Le associazioni foramol tendono ad avere distribuzione di temperatura più ampia, difatti nel cretacico sup, nonostante le diffuse condizioni tropicali (greenhouse), avevamo il momento di massima espansione delle piattaforme carbonatiche ad opera della prevalente associazione foramol. 

Pertanto per ogni zona di produzione carbonatica (tropicale >22°C, Subtropicale 22-18°C, temperata 18-10°C, fredda 10-5°C e polare <5°C) gli autori hanno associato una associazione faunistica preponderante. Fu James, nel 1997, a semplificare queste associazioni distinguendo l’associazione PHOTOZOAN, ossia organismi legati alla luce (ad es alghe verdi e coralli) come tipiche associazioni di climi tropicali e subtropicali, e l’associazione HETEROZOAN, ossia organismi eterotrofi (ad es bivalvi) come tipici di acque temperate-fredde. 

In generale, la crescita degli organismi che producono CaCO3 segue una curva sigmoidale chiamata CURVA DI CRESCITA (Neumann, 1976). 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Riassumendo in un grafico generale la precipitazione carbonatica in contesti marini può essere di 2 tipi: 

  1. ABIOTICA --> per precipitazione da acque sovrasature in CaCO3; 
  2. BIOTICA --> legata al mondo biologico, agli organismi --> 
    • INDOTTA dagli ORGANISMI --> ad es le stromatoliti che generano depositi a MUD-MOUND; 
    • CONTROLLATA dagli ORGANISMI --> per es dei grani scheletrici --> 
      • ORGANISMI ETEROTROFI (bivalvi) --> ambiente temperato freddo; 
      • ORGANISMI AUTOTROFI (coralli, alghe verdi) --> ambiente tropicale.

Fonte: Appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Appunti di Sedimentologia - LE PIANE SOTTOMARINE


Nelle piane sottomarine prevalgono processi legati alla decantazione di sedimenti infatti sono prevalentemente costituiti da sedimenti fini. Ciò è un riflesso sia della distanza dalle aree continentali sia dei processi di trasporto del sedimento (vento che trasporta sedimento fino anche molto a largo, e organismi, che aumentano sedimento fine nel fondo).

La distribuzione del sedimento oceanico rispecchia delle fasce di distribuzione in cui le argille pelagiche rappresentano i sedimenti più diffusi, seguiti dagli “oozes” calcarei, ossia quei sedimenti biogenici (conchiglie e scheletri del fito e zooplanctron marino) a guscio calcareo (i sedimenti calcarei possono trovarsi solo sopra la CCD, che si attesta sui 4 000 – 4 500 m di profondità, al di sotto di questa quota dominano i fanghi pelagici).

Sulla piana sottomarina troviamo anche “oozes” silicei, in 3 fasce localizzate in aree temperate-fredde, e anche sedimenti terrigeni, posti in corrispondenza dei conoidi sottomarini.

La dorsale oceanica è più alta, in quanto è più calda e recente e quindi l’equilibrio isostatico la porta più su della crosta fredda.

giovedì 17 gennaio 2013

Appunti di Sedimentologia - SISTEMA MARINO PROFONDO


Fonte: http://www.naturamediterraneo.com/forum/topic.asp?TOPIC_ID=43385 (17.01.2013 ore 18.11) 
 
Nel sistema marino profondo rientrano la scarpata continentale e il bacino. La scarpata continentale è la zona di raccordo tra la piattaforma continentale ed il bacino, ed è una zona inclinata con una pendenza di circa 4°, pendenza sufficiente a sviluppare i processi gravitativi. Pertanto la scarpata può essere una  zona di accumulo, di by-pass (trasferimento) o di erosione (tramite frane sottomarine). Difatti la scarpata continentale è spesso interessata da canyon sottomarini, alla cui base si trovano i conoidi sottomarini, spesso coalescenti tra di loro dando comunemente luogo al cosiddetto rialzo continentale (continental rise). Lungo la scarpata possiamo trovare sia associazioni di facies pelagica (da decantazione ecc…) che facies di risedimentazione (frane, torbiditi, ecc…). La scarpata continentale adiacente alla piattaforma carbonatica è molto più acclive rispetto alle normali piattaforme continentali (circa 30°) e presenta quindi morfologie molto differenti. 

Per studiare queste zone profonde viene comunemente usata una zonazione batimetrica, sia considerando la massa d'acqua (epipelagico, meso, bati, ecc…) che considerando altri indicatori batimetrici, quali: 

  • Fossili --> che però spesso subiscono problemi di rimaneggiamento; 
  • Tracce fossili
  • Le strutture sedimentarie meccaniche --> ad es. i ripples; 
  • I minerali antigeni --> ad es. la glauconite. 

Il rialzo continentale è la fascia di transizione tra la scarpata continentale ed il bacino. È la zona con un importante accumulo di sedimenti, soprattutto torbiditici, con la formazione dei conoidi sottomarini (deep-sea fan). Questi depositi torbiditici possono avere uno spessore anche di migliaia di m (ad es formazione marnoso arenacea = 4000 m) e una estensione di migliaia di Km, quindi possono creare sistemi enormi. Si forma essenzialmente lungo i margini passivi e trascorrenti, mentre è assente nei margini convergenti o attivi. Perché questi sedimenti vengono inglobati nel cuneo di accrezione, pertanto non lasciano traccia. 

I canyon sottomarini sono in corrispondenza delle scarpate, ma possono estendersi anche sulla piattaforma. Si sviluppano come estensioni di valli fluviali creati durante uno stazionamento basso del livello del mare (low stand) e reincisi dalle correnti di torbida. La loro genesi non è legata a tettonica in quanto nei margini passivi non c’è la tettonica dopo la famosa “Break-up unconformity”, ossia quella superficie di discordanza che divide le faglie precedenti legate alla zona di rifting, da tutti i sedimenti di margine passivo che non vengono interessati dalle faglie (difatti, quando finisce il rifting e inizia il drifting, il continente si è lacerato e si è messa in posto la prima crosta oceanica che assorbe tutti gli sforzi applicati dalle faglie listriche di horst e graben). 

Il trasporto di sedimento lungo questi domini sedimentari potrà avvenire in modi diversi tramite: 

  • Pennacchi torbidi --> azione dei fiumi con trasporto verso il largo di sedimenti fini; 
  • Vento; 
  • Iceberg; 
  • Correnti di torbida; 
  • Frane sottomarine; 
  • Cantour currents --> possono rielaborare le correnti di torbida, sono correnti che scorrono parallele alle sibare cantour currents --> possono rielaborare le correnti di torbida, sono correnti che scorrono parallele alle isobate, alla base della scarpata (rialzo continentale); 
  • pioggia pelagica --> materia organica prodotta da organismi pelagici; 
  • esplosioni vulcaniche. 

I depositi che mi aspetto  di trovare lungo una scarpata e al piede di essa saranno alternanze tra sedimenti emipelagici e sedimenti torbiditici, ossia cicli sabbia-fango che troviamo solitamente in una successione torbiditica. 

In base alla profondità del bacino, potremo avere spessori differenti: nel bacino profondo avremo netta differenza tra sabbia e fanghi, mentre nel bacino meno profondo prevarranno spessori di sabbia molto maggiori rispetto al fango e i processi di risedimentazione principali saranno quelli di piattaforma continentale, e meno da eventi torbiditici. 

Le conoidi sottomarine sono le aeree alla base della scarpata dove si accumulano i depositi torbiditici, secondo la classica evoluzione dei conoidi, ossia tramite migrazione dei lobi (lobi attivi, lobi inattivi). Pertanto dal punto di vista sedimentologico, questi depositi assumono geometrie di tipo tabulare. 

I fan sottomarini si classificano in base alla quantità di fango e sabbia. 

Riconosciamo 3 principali modelli di  fan sottomarini: 

  1. MUDRICH SYSTEM --> se prevale il fango; 
  2. SANDRICH SYSTEM --> se prevale la sabbia; 
  3. GRAVELRICH SYSTEM --> tipicamente alimentate da depositi montuosi, caratterizzato da depositi ghiaiosi. 

Il mud rock fun presenta solitamente un’estensione di migliaia di Km, con poca sabbia concentrata solo nella zona di canale, mentre gli argini sono fangosi. 

Il mixed sand-mud fun presenta una struttura più tubolare con strati più o meno continui di sabbia  e con argini prevalentemente in fango. 
La sezione di un lobo di questo tipo di fan ricorda molto la sezione di un sistema fluviale, ossia evidenze di corpi canalizzati che passano poi a depositi piano-alluvionali. 

Il sand rich fan ha forte abbondanza di sabbia, con canali meno incisi e pochi livelli di fango. 

In genere: 

  • Il riempimento di canali è costituito da sabbie amalgamate; 
  • Gli argini, da torbiditi a argille interstratificate; 
  • I complessi che si muovono da trasporto in massa si depositano secondo facies caotiche e strati convoluti (glumpeligs); 
  • Nei lobi frontali, ritroviamo torbiditi e detriti; 
  • Nei lobi distali, abbiamo canali di ARENARIA , TORBIDITI E ARGILLA. 

Si ricorda che la conoide è formata da tanti lobi, pertanto si assiste ad una ripetizione della geometria a scala sempre più piccola (=geometria frattale). 

In un record stratigrafico riconosciamo un canale di lobo torbiditico da uno fluviale per il fatto che quello da conoide si caratterizza da depositi marini e per le dimensioni molto più grandi rispetto al canale fluviale (larghezza superiore al Km; larghezza Mississippi = 500-600 m). 

Una classica successione stratigrafica da conoide sottomarina rispecchierà una classica successione torbiditica, ossia la sequenza di Bouma

All'interno di questa sequenza, possiamo riconoscere: 

  • Clay chips alla base; 
  • Flute cost; 
  • Groove cost (deformazione da carico). 


Appunti di Sedimentologia - AMBIENTI MARINI


Fonte: http://www.paleoantropo.net/paleogenerale/sedimenti.htm (17.01.2013 ore 14.479) 

Tra gli ambienti marini distinguiamo: 

  • i sistemi di piattaforma
  • il sistema marino profondo (scarpata e bacino). 

SISTEMI DI PIATTAFORMA

Il sistema di piattaforma si sviluppa subito dopo la zona costiera fino a dove inizia la zona di off-shore (la zona di off-shore inizia al di sotto del livello di base delle onde da tempesta). 

La zona di piattaforma dal punto di vista idrodinamico è una zona relativamente tranquilla in quanto il moto ondoso non riesce ad arrivare sul fondo. Pertanto ci si aspetta di trovare sedimenti fini della taglia del fango (nelle zone tropicali questa zona può essere interessata da biocostruzioni o piattaforme carbonatiche che tendono a raggiungere il livello del mare). 
La larghezza della piattaforma continentale dipende dal tipo di margini in cui mi trovo: nei margini attivi la piattaforma continentale è poco sviluppata o del tutto assente, mentre nei margini passivi, tipo Atlantico, la piattaforma continentale può essere molto estesa, anche centinaia di Km. 

In genere la profondità del ciglio (bordo) della piattaforma continentale, legalmente parlando, si attesta alla batimetrica dei 200 m, mentre geologicamente parlando, è fissata sui 130-140 m di profondità. Pertanto, se consideriamo che 18 000 anni fa il livello del mare si trovava 120 m più in basso rispetto l’attuale (a causa della glaciazione), a quei tempi il ciglio della piattaforma combaciava con la spiaggia. 

La piattaforma continentale viene divisa in 2 parti, in relazione alla posizione del livello del mare: 

  1. piattaforma PERI-CONTINENTALE -->  quando il mare invade il margine di un continente – SITUAZIONE ATTUALE; 
  2. piattaforma EPI-CONTINENTALE --> quando il mare invade l’interno di un continente. Nel cretacico il mare invadeva l’interno, formando piattaforme estesissime lunghe anche centinaia di Km. 

Le piattaforme continentali vengono classificate in funzione dei processi del mare: 

  • DOMINATE DALLE ONDE E TEMPESTE (ca. 80%) --> caratterizzate da sedimenti attuali e recenti o relitti (sedimenti che si sono formati in altri regimi idrodinamici e ambienti sedimentari, ad es quando il livello del mare era più basso, e che sono rimasti la e non vengono più rimossi); 
  • DOMINATE DALLE MAREE (ca. 17%) --> caratterizzati da sedimenti con palinsesto (ossia sedimenti  sia attuali che relitti, rimaneggiati); 
  • DOMINATE DALLE CORRENTI OCEANICHE (ca.3%) --> interessano piccole aree delle piattaforme continentali. 

Andando dalla spiaggia al bordo della piattaforma continentale ci si aspetterebbe di trovare sedimenti via via più fini, secondo un modello di piattaforma gradata (sand --> muddy sand --> sandy mud --> mud). Nella realtà questo modello predittivo non è rispettato: difatti, tramite lo studio della piattaforma continentale tramite profili sismici, nelle piattaforme continentali attuali sono stati trovati anche sedimenti relitti o in palinsesto, che determinano una granulometria molto variabile lungo la piattaforma, in relazione alle precedenti variazioni del livello del mare. Quindi NON è possibile generalizzare un modello di piattaforma. 

Nelle piattaforme attuali i sedimenti relitti pre-Olocenici (depositati durante la fase glaciale di stazionamento basso del livello del mare, non rielaborati da tempeste e/o da correnti marine), coprono circa il 70% della superficie delle piattaforme continentali. 
L’Adriatico è una piattaforma epicontinentale in cui abbiamo una successione di sedimenti che si sono formati in relazione alla variazione del livello del mare: perforando, potrei trovare dapprima sedimenti fini e fango nelle parti superficiali (legati a processi di trasporto in sospensione e decantazione), ma andando in profondità potrei trovare sedimenti costieri, relativi al periodo in cui la linea di costa era più bassa. 

I processi dinamici che possono interessare un sistema di piattaforma sono: 

  • Correnti di marea; 
  • Correnti oceaniche; 
  • Correnti metereologiche. 

La più famosa corrente oceanica è la corrente del Golfo. Le correnti oceaniche sono correnti TERMOALINE, ossia correnti che dipendono da differenze di temperatura e di salinità. Difatti le acque fredde sono più dense (in genere anche più salate) e tendono ad andare verso il fondo, mentre le correnti calde tendono ad andare più in superficie: tutto ciò genera il movimento delle correnti oceaniche che rimescolano la massa delle acque. 

Dal punto di vista sedimentologico, a noi interessa cosa producono queste correnti. In Africa orientale (Sud-Est) esiste una corrente chiamata AGULHAS CURRENT che genera delle strutture sedimentarie a grande scala, ossia delle linee all'interno del sistema di piattaforma continentale che tendono a migrare nella direzione delle correnti, anche di 1 m/s. 
Le forme di fondo che si possono sviluppare in relazione a queste correnti sono prevalentemente condizionate dalla quantità di sedimento a disposizione (LOWSTAND SUPPLY e HIGH-SAN SUPPLY MODEL = modello di base e alto rifornimento di sabbia) e dall'energia e intensità della corrente. 

Le piattaforme continentali hanno un forte interesse economico in quanto le correnti oceaniche che vi scorrono creano corpi sabbiosi molto estesi comunemente all'interno di sedimenti fini, pertanto ottimi per creare potenziali reservoir (materiale poroso permeabile all'interno di sedimenti impermeabili). 

Possiamo distinguere 2 tipi di piattaforma continentale legate a regimi sedimentari: 

  1. Quella con regime dominato da apparati sedimentari --> tasso di rifornimento > tasso di accomodamento; 
  2. Quelle con regime dominato da accomodation --> tasso di sollevamento del livello del mare > tasso di rifornimento. 

Chiaramente questo si riflette nelle geometrie deposizionali all'interno del sistema: nel nostro caso avrò trend regressivo (linea di costa verso mare) quindi una progradazione del sistema; nel secondo caso avrò un trend trasgressivo (linea di costa verso terra), ossia una retrogradazione del sistema.

Nell'Adriatico, negli ultimi 18 000 anni, si è avuto un trend trasgressivo. I cicli trasgressivo-regressivo sono alla base della stratigrafia sequenziale. Nell’Oceano Atlantico avremo i più spessi cicli perché è il margine passivo più antico (si è aperto nel Giurassico, circa 160 Ma anni fa). 

Appunti di Sedimentologia - IL SISTEMA COSTIERO


Fonte: http://www.liceotorelli.it/didattica/furlani/html/altera.htm (17.01.2013 ore 13.39) 

Comprende 3 ambienti: 

  1. SPIAGGE
  2. COMPLESSI ISOLE BARRIERE-LAGUNA
  3. PIANE TIDALI

Anche il sistema costiero, in quanto ambiente di transizione, è conseguenza dell’interazione tra processi fluviali, ondosi e tidali. 

Prevalentemente riconosciamo 2 strutture costiere più importanti: la spiaggia in senso stretto (strandplain) e il complesso isole barriera-laguna. Entrambe sono fortemente condizionate dai processi marini, e si sviluppano in regime microtidale. 

Le spiagge sono accumuli di sabbia paralleli alla linea di costa e attaccati alla terraferma. 
Il sistema isola barriera sono accumuli di sabbia paralleli alla linea di costa e staccati dalla terraferma attraverso una: 

  • Laguna; 
  • Piana tidale (tidal flat) --> tipo di regime microtidale; 
  • Palude salata (salt warsh o marisma) --> tipico di meso e macrotidale; 
  • Estuario. 

I processi costieri che muovono il sedimento generando gli ambienti citati sono dovuti all'azione di: 

  • Onde --> normali e di tempesta (storm); 
  • Maree; 
  • Correnti --> lungo costa (longshore), verso mare (rip-current) e verso costa (storm surge). 

All'interno di un sistema costiero riconosciamo diversi subambienti (dune, lagune, delta tidali, piane tidali, paludi, canali tidali, washover, spiaggia). Il washover è una rottura del cordone dunare, che trasporta e deposita sedimento oltre le dune, con una geometria a forma di ventaglio. Si genera in seguito a eventi eccezionali (tsunami). 

In un sistema SPIAGGIA, riconosciamo 2 tipi di spiagge:

  1. Spiaggia dissipativa --> fondali con basse inclinazioni, sedimenti fini, barre lungo costa; 
  2. Spiaggia riflettiva --> foreshore molto inclinato con sedimenti grossolani e senza barre lungo costa. 
LONGSHORE CURRENT --> corrente marina lungo la zona di surf prodotta dall'arrivo obliquo delle onde rispetto alla costa. 


Appunti di Sedimentologia - GLI ESTUARI


Fonte: http://brackishwateraquarium.blogspot.it/2010/01/gli-estuari-salmastri.html (17.01.2013 ore 12.44)

Gli estuari sono sistemi di interazione fiume, costa, maree dove il processo tidale assume un ruolo predominante (regime macrotidale). 

È un sistema molto simile ai delta estuarici, con una distribuzione del sedimento perpendicolare alla  fronte deltizia. 

La vera differenza rispetto al classico sistema deltizio è che: 

  • Non c’è la piana deltizia (ossia la zona di passaggio) in quanto tutto è rielaborato dalle correnti di marea; 
  • Non c’è una roccaforte di sedimento --> il sedimento viene distribuito e tende ad aggradare. 

Nella fase di un estuario, avremo una zona dominata da processi fluviali più vicina dalla  foce, e una zona dominata dai processi tidali, spostandoci verso il mare. 

Dal punto di vista della facies, come nei delta la successione è di tipo shallowing-upward (ossia regressione del mare --> progradazione del sistema) ma al contrario dei delta, la successione è di tipo FU (Fluing upward). 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

Appunti di Sedimentologia - IL SISTEMA DELTIZIO


Fonte: http://win.liceoariosto.it/unpodiparco/parcoreg.htm (17.01.2013 ore 12.35) 

Per delta si definisce una protuberanza della linea di costa che si forma nel punto in cui un fiume sfocia in mare o in un lago. Il fiume, sfociando in uno spazio ampio, perde gradualmente la sua competenza, ossia diminuzione della capacità di trasporto, e deposita i materiali portati in carico a seconda della loro granulometria, generando un delta. 

I caratteri generali di un delta sono: 

  • Gradienti molto bassi --> controllato dal livello base del corso d’acqua (es.: un innalzamento del livello base provocherà una diminuzione della pendenza e quindi della velocità; e pertanto una capacità di trasporto minore); 
  • Flusso canalizzato che perde energia per espansione
  • Canale principale che si divide in numerosi canali distributori
  • Migrazione dei canali distributori
  • Frequenti fenomeni di crevarsing e avulsione
  • Progradazione

I fattori di controllo dei sistemi deltizi sono: 
  • Tettonica; 
  • Clima; 
  • Eustatismo. 

Pertanto è un sistema molto dinamico, sensibile a maree, apporto sedimentario, onde e profondità del bacino. 

La zonazione di un delta è così costituta: 

  • La piana deltizia (delta plain) --> è la parte emersa del delta, composta da canali distributori attivi e inattivi, e delle zone tra essi (baie, piane, argini, paludi, ecc…); 
  • La fronte deltizia (delta front) --> è la parte sommersa del delta che comprende la barra di foce e gli argini subacquei. Il sedimento viene rimaneggiato da onde e maree; 
  • Il prodelta --> la zona che viene interessata dal deposito dei sedimenti fini e non interessata da onde e maree. Frequentemente soggetta ai processi gravitativi. 

CLASSIFICAZIONE 


Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo 

In base ai processi dominanti che insistono in un ambiente di transizione (moto ondoso, fiumi e maree), possiamo classificare i delta in 3 tipologie: 

  1. RIVERDOMINATED o DELTA DIGITATO --> il fronte del delta è controllato dal fiume. Si origina un corpo deltizio che assomiglia ad una piana alluvionale da cui partono e si estendono i rami distributori. Il controllo della deposizione ad opera del fiume genera forti turbolenze, con attriti sul fondo e conseguente diminuzione della velocità e un trasporto prevalentemente in sospensione. Distinguiamo un prodelta poco inclinato e con sedimenti fini (Bottonset), poi un fronte deltizio (o barra di fice) con inclinazioni variabili e granulometrie sabbiose (foreset), e infine una piana deltizia di fango e silt bioturbati (topset); 

    Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo
  2. WAVE DOMINATED o DELTA CUSPIDATO --> forti correnti marine lungo costa smistano i sedimenti lungo riva con la stessa velocità con cui sono deposti dal fiume, dando luogo a cordoni e spiagge sabbiose con eventuali accumuli dunari (ridistribuzione sedimento lungo osta). Geometrie arcuate poco sporgenti alla linea di costa, e formazioni di pochi canali distributori; 

    Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo
     
  3. TIDE DOMINATED o DELTA ESTUARINO --> I rami fluviali vengono invasi dall’acqua di mare ad opera delle maree. Quindi la linea di costa viene profondamente modificata e il sedimento viene distribuito in barre tidali subacquee sulla fronte deltizia, perpendicolari alla linea di costa. Si sviluppano estese piane tidali sulla piana deltizia con canali infossati. Se il regime mareale evolve verso regimi macrtotidali, il sistema diventa un estuario. 

     Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo