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mercoledì 29 agosto 2012

Approfondimento di Vulcanologia - LIQUIDI SILICATICI e FENOMENI DI IMMISCIBILITA'


 Fonte: http://www.webalice.it/enrpappa/fossilimineralirocce.it/immagini/rocce/ossidina.htm (29.08.2012 ore 14.01) 

Aspettando gli altri post sulla tesi ne approfitto per riprendere a pubblicare articoli su quello che sto studiando ed in particolare sulla vulcanologia. 

LIQUIDDI SILICATICI 
Il SI è il secondo elemento più abbondante presente sulla crosta terrestre dopo l’O. Entrambi rappresentano la base più comune dei magmi eruttati sulla superficie terrestre. Il SI possiede 14 elettroni  distribuiti nei diversi orbitali sulla base dei numeri quantici n, i, m, s. La sua distribuzione elettronica è ls (2e) 2s (2e) 2p (6e) 3s (2e) 3p (2e) ed ha quindi 4 elettroni nei 2 orbitali più esterni (3s e 3p) i quali costituiscono i suoi elettroni di valenza. Questi elettroni condivisi con altri atomi di O tornano a formare l’impalcatura delle rocce silicatiche ovvero il tetraedro SiO44- Gli atomi SI si legano in maniera indiretta, tramite atomi di O, per formare le unità polimeriche più complesse come per esempio i:
  • Dimeri à quando 2 tetraedri si uniscono per formare l’unità Si2O76-;
  • Catena à quando un numero infinito di tetraedri condividono ciascuno un vertice con il tetraedro adiacente dando così l radicale dei pirosseni Si2O64-;
  • Foglio à quando i tetraedri sono legati tra loro su 3 vertici dando il radicale dei fillosilicati Si2O52-;
  • Quadro tridimensionale à quanto tutti e 4 i vertici del tetraedro sono condivisi dando il radicale SiO2, caratteristico dei tetrosilicati.
È da sapere che in un dato minerale è presente una sola unità strutturale e che la sua ripetizione nello spazio è data sulla base di alcune operazioni di simmetria. In questo modo conoscendo le relazioni spaziale sarebbe facile costruire un modello termodinamico che ci faccia capire le sue caratteristiche chimico-fisiche. Purtroppo questo non è possibile per un magma in quanto possiede diverse unità strutturali la cui ripetizione nello spazio è completamente casuale.
Possiamo però dire che un magma ha una struttura analoga a quella della fase mineralogica di pari composizione chimica e di più alta temperatura. Quindi un magma costituito da SiO2 è costituito solo da tetraedri che uniscono tutti i vertici fra di loro. Un’eccezione però avviene nel caso di vetri a composizione giadeitica che invece mostrano delle analogie con la struttura della tridimite (SiO2) piuttosto che con quella della fase solida giadeite (Si2O6). 

Cosa succede se ad un magma composto da una rete tridimensionale infinita aggiungiamo una certa percentuale di elementi metallici? 

Questi cationi occuperanno lacune a coordinazione 6 o superiore a seconda del loro raggio ionico e in ogni caso, andando a legarsi ad un atomo di ossigeno, andranno a rompere un ponte Si-O-Si sostituendolo con uno Si-O-M-O-Si, dove M è l’elemento metallico. Il legame M-O è più debole del legame Si-O-Si introducendo così un punto debole nella struttura del liquido magmatico. Tanto maggiore è il numero di ioni che entrano in lacune ottaedriche, tanto maggiore è il numero di ponti Si-O-Si che si romperanno con conseguente indebolimento della struttura. Più è altro il contenuto in SI, maggiore sarà la percentuale di unità tetraedriche SiO2 e quindi maggiore sarà il grado di coesione della struttura silicatica, meglio noto come grado di polimerizzazione

Questa grandezza non dipenderà solo dal contenuto in SI ma anche la tipo di catione che introduciamo nella miscela silicatica, dato che i diversi ioni attuano una azione modificatrice in dipendenza della loro forza di campo (rapporto carica/raggio ionico) e dal suo numero di coordinazione (rapporto raggio del catione/O). In questo modo i cationi che entrano in coordinazione tetraedrica attueranno una azione modificatrice diversa da quelli che entrano in coordinazione ottaedrica. Infatti i primi (network forming cations) si sostituiscono al SI mantenendo inalterata la struttura anche se la indeboliscono (come nel caso dell’alluminio) mentre i secondi (network modifying cations) non solo indeboliscono la struttura ma la modificano completamente. Altri cationi invece possono comportarsi in modo ambiguo come ad esempio l’alluminio che potendo occupare sia lacune tetraedriche che ottaedriche può comportarsi sia come network forming cations che come network midifying cations. 

L'acqua scisso negli ioni OK- e H+ agisce come un forte modificatore perché sostituisce il legame Si-O-Si con uno Si-OH, molto più debole, attuando una azione di rottura dei polimeri più complessi. La CO2 invece agisce al contrario, ovvero agisce come agente polimerizzante in quanto tende a formare l'anione CO3 utilizzando un ossigeno legato ad un vertice del tetraedro e permettendo l’unione di 2 tetraedri. La maggiore stabilità dell’olivina in condizioni idrate è una conferma petrologica dell’azione strutturale di queste 2 molecole.
L’introduzione di cationi nel liquido silicatico porta all’identificazione di diversi tipi di O:
  • Ossigeni legati (O°) à briding oxygens (ossigeni a ponte), ossigeni doppiamente legati fra 2 atomi di Si;
  • Ossigeni semi-legati (O-) à non briding oxygens (non costituiscono un ponte T-O-T), legati fra un atomo in coordinazione tetraedrica ed un metallo a coordinazione superiore;
  • Ossigeni liberi (O2-) à free oxygens, legati fra 2 metalli. 

Il rapporto relativo tra loro dipenderà dalla composizione del magma e quindi dal grado di polimerizzazione: aumentando la Si aumenterà il numero di O° e diminuiranno quelli O-; all’aumentare di cationi alcalini aumenterà il numero di ossigeni liberi.
Una grandezza che permette di quantizzare il grado di polimerizzazione è il rapporto ossigeni semiliberi/cationi presenti in coordinazione tetraedrica (NBO/T). Questa grandezza varia con la temperatura e la pressione e assume valori da 0, dove tutti gli O sono doppiamente legati (rete tridimensionale, SiO2), a 4, dove tutti gli O sono semiliberi (unità tetraedriche isolate, SiO4-).
Possiamo dire che le rioliti che sono più polimerizzate, hanno NBO/T inferiore rispetto ai basalti e che il range di NBO/T della maggior parte dei magmi varia fra 0 e 1. Neffeliniti e komatiti che sono tra i magmi più depolimerizzati che esistono hanno NBO/T di circa 1,44 e 1,8 rispettivamente. Le unità strutturali più frequenti all’interno dei magmi silicatici sono i fogli e la rete tridimensionale.
IMMISCIBILITA’
È un utile strumento per studiare la struttura dei magmi e il comportamento dei cationi all’interno del liquido silicatico. Esso può essere affrontato in 2 modi:
·         Attraverso lo studio di miscele sintetiche semplici drogate con una percentuale variabile di un determinato elemento;
·         Attraverso lo studio delle situazioni naturali che presentino le caratteristiche peculiari di tale fenomeno. 

Studio di miscele sintetiche semplici 

Il sistema sperimentale FLS offre una buona opportunità per studiare il partizionamento di alcuni elementi maggiori e minori in relazione alla struttura dei 2 liquidi prodotti. L’estensione del gap do miscibilità è dipendente, a parità di composizione, temperatura e pressione, dalla fO2, che modifica il ferro. Modificano la fO2 da condizioni riducenti a ossidanti il campo di immiscibilità risulta più ampio. È stato dimostrato infatti che il Fe3+ entra in coordinazione tetraedrica ma tenderebbe a formare unità separate all’interno di un liquido silicatico invece che attuare una sostituzione casuale del Si. Questo comporta aree più ricche in ferro e povere in Si, più facilmente che nel caso il ferro entra in coordinazione ottaedrica.
La distribuzione di K e Al tra il liquido in Fe e in Si mostra una forte correlazione. Lo ione K+ legato alle unità tetraedriche AlO2 permette un bilancio della carica negativa in eccesso così il ruolo strutturale dell’Al appare condizionato dalla presenza di ioni alcalini; esso occuperà lacune tetraedriche fino a che saranno disponibili metalli alcalini per compensare la carica positiva in difetto, l’eccesso di Al tenderà invece ad occupare lacune ottaedriche.
Il partizionamento di Ti e P è legato alla distribuzione del Fe fra i 2 liquidi ma il loro ruolo strutturale rimane dubbio. I 2 elementi potrebbero infatti coordinarsi sia in cavità tetraedriche che ottaedriche. Queste insieme al Mn, Zr, Ba, Ce, Sr, ecc… risultano arricchiti nel liquido ferrifero a causa della maggiore disponibilità in quest’ultimo di lacune ottaedriche. Questo fatto fornisce una delle prove geochimiche più forti per un fenomeno di immiscibilità.
Un magma riolitico prodotto per immiscibilità è impoverito in elementi a largo raggio ionico o ad alta forza di campo rispetto ad un magma acido prodotto per semplice frazionamenti.
Situazioni naturali
Fenomeni di immiscibilità allo stato liquido si verificano in 3 situazioni:
  • Fra magmi silicatici e solfurei;
  • Fra magmi silicatici;
  • Fra magmi silicatici e carbonatici. 
Tenendo presente che i 2 liquidi prodotti da uno smescolamento sono in una situazione di equilibrio il contatto fra le 2 composizioni è molto netto e le fasi mineralogiche sono le stesse. Una situazione ottimale si presenta quando la stessa fase mineralogica attraversa la superficie di separazione fra i 2 liquidi. Dal punto di vista geochimico dovremmo aspettarci che il valore di mg e degli eventuali rapporti isotopici sia lo stesso e che le 2 composizioni si dispongano ai 2 estremi del gap di miscibilità riscontrato nel sistema FLS. 

La proprietà fisica che può essere indicativa del grado di polimerizzazione di un magma è la viscosità che è la resistenza al moto da parte di un fluido sottoposto ad una forza. Tale proprietà che per un magma silicatico varia da 103 a 107 passando da un basalto alcalino ad una riolite a 1100°C, per una carbonatite risulta dell’ordine di 10-2, comparabile a quella dell’acqua. 

Fonte: Dispense di M. Coltorti - Università degli Studi di Ferrara


lunedì 2 gennaio 2012

Appunti di Vulcanismo e Petrogenesi - CLASSIFICAZIONE DELLE ERUZIONI

  Fonte: http://expianetadidio.blogspot.com/2010_05_01_archive.html (2.01.2012 ore 12.38)  
Una prima classificazione delle eruzioni fu quella di TSUYA (1955) che si basava sulla scala di volume dei prodotti emessi (log V depositi). Tuttavia questa classificazione non permetteva di avere un quadro completo della violenza dell'esplosione.
La classificazione più comprensiva e attualmente in uso è quella di Walker del 1973, che permette di definire un'eruzione esplosiva in funzione di due caratteristiche: la sua grandezza e la sua violenza.
La grandezza dell'eruzione è misurabile attraverso la quantità del materiale emesso; la sua violenza è un parametro già difficile da rilevare, in quanto la violenza di un esplosione è connessa sia alla velocità con cui l'energia viene dissipata, sia al modo in cui tale energia viene spesa. Una parametrizzaizione di queste variabili può essere effettuata considerando:
  • l'area di dispersione del materiale emesso (D), espressa in km2;
  • il grado di frammentazione del materiale emesso (F), espresso in percentuale di materiale fine < 1 mm.
Considerando quindi che i depositi vulcanici mostrano una costante diminuzione di spessore all'aumentare della distanza dal centro di emissione, ed è quindi possibile mappare questi depositi in funzione delle ISOPACHE (ossia linee di uguale spessore), è possibile classificare le eruzioni considerando l'area compresa entro l'isopaca 1/100 dello spessore massimo dal centro di emissione per stimare la superficie di dispersione D, e l'isopaca 1/10 per stimare il grado di frammentazione F di quell'eruzione.

Calcolare l'area di dispersione, ci può fornire un'idea dell'altezza raggiunta dalla colonna.
Calcolare il grado di frammentazione non ci permette invece di stabilire chiaramente la violenza di un'eruzione esplosiva, in quanto, per le eruzioni magmatiche la frammentazione è principalmente legata allo stiramento subito dal magma in seguito all'espansione dei gas e alla loro essoluzione, mentre per le eruzioni idro-magmatiche (in quelle cioè in cui il magma viene a contatto con 'acqua esterna) la frammentazione è relazionala allo shock termico subito dal magma.
Considerando la relazione violenza-frammentazione sicuramente nelle eruzioni idro-magmatiche la violenza esplosiva è maggiore, e perciò anche la frammentazione (difatti le troviamo nella parte alta del grafico classificativo); difatti, dato che la violenza rappresenta l'energia rilasciata e tale energia è direttamente proporzionale alla massa di volatili liberati o generati, dato che il contatto magma-acqua è in grado di vaporizzare una quantità d'acqua senz'altro maggiore di quella rilasciata dal fenomeno di essoluzione (è tanto maggiore quanto più grande è la superficie di contatto), ne consegue che la violenza esplosiva sarà notevole e ciò permetterà di frammentare il materiale sia solido che liquido.
Nelle esplosioni idro-magmatiche l'acqua in fase volatile non ha una T molto elevata (può raggiungere i 200-300 °C) perchè il materiale emesso non viene trasportato a grandi altezze. Ne consegue che, confrontando i depositi generati da esplosioni magmatiche o idro.magmatiche, a parità di grado di frammentazione avremo una dispersione minore nel caso delle esplosioni idro-magmatihe (sopratutto nelle eruzioni sottomarine).

Fonte: http://www.geowelt.com/servizi_rischio%20vulcanico.html (2.01.2012 ore 12.37) - Classificazione di Walker

Tra le eruzioni idro-magmatiche distinguiamo:
  • ERUZIONE SURTESEYANA → prende il nome dall'isola islandese di SURTSEY, venuta alla luce negli anno '60 in seguito ad un'eruzione di questo tipo. È un'eruzione sottomarina che si genera quando il magma eruttato dalla bocca entra in contatto con acqua fredda del mare di un logo; si ha in tal caso un elevato numero di esplosioni continue con formazione di nuvole piroclastiche che assumono una forma particolare detta cipressoide o coda di gallo.
    Nonostante l'alto potere di frammentazione di questo tipo di eruzione, tipico delle eruzioni idro-magmatiche, le eruzioni surtseyane si caratterizzano anche per una bassa dispersione dei prodotti eruttivi.
    Il motivo per cui un'eruzione surtseyana, nonostante l'alta frammentazione del magma, ha una bassa dispersione dei materiali emessi sta nel fatto che in questo tipo di eruzioni mancano 2 delle 3 fascie che costituiscono una colonna eruttiva, ossia mancano la fase convettiva e la fase di espansione laterale all'interno dell'atmosfera. Non manca invece la prima fascia di una colonna eruttiva ossia la fascia jet (dove il materiale viene espulso a pressione dalla bocca eruttiva), che genera le tipiche esplosioni a “coda di gallo” dell'eruzione surtseyana.
    Il motivo per cui in questo tipo di eruzione sottomarina non si genera la fase successiva a quella di jet, ossia la fase convettiva (e conseguentemente non si genera la terza fase, quella di espansione laterale nell'atmosfera) è da trovarsi nelle formula del numero di Rayleigh che spiega la formazione dei moti convettivi. Dato che nell'acqua la diffusità termica (k) è maggiore che nell'aria e che quindi le alte temperature si disperdono più velocemente nell'acqua che nell'aria, ciò determina una forte diminuzione della differenza di temperatura (DELTA T) tra il magma eruttato, raffreddatosi con l'acqua, e l'aria. Questa DELTA T minore impedisce lo generarsi della fase di convezione e di quindi quei moti turbolenti che ascendono il materiale emesso fino all'atmosfera, impedendo quindi la classica espansione laterale “a fungo” delle eruzioni e relativa dispersione a lunghe distanze dei prodotti emessi (→ bassa dispersione per le eruzioni surtseyane);
  • ERUZIONE FREATO-PLINIANA → è il secondo tipo d eruzione idro-magmatica conosciuta, ossia eruzioni caratterizzate da un contatto diretto tra magma e acqua esterna (non invenile, ossia interna al magma). 


    Altri tipi di  eruzioni secondo Walker sono: 
  • ERUZIONE HAWAIANA → sono le eruzioni con più bassa dispersione e frammentazione dei materiali emessi. Sono eruzioni tipiche dei vulcani delle isole Hawaii. Sono caratterizzate da magmi basici fluidi e consistono nella emissione tranquilla di colate fluide ad alte temperature (1100 °C/1200 °C) con un contenuto molto basso di volatili e l'emissione di fontane di lava (getti di materiale incandescente). Lo scorrimento della lava fuori dalla bocca (o bocche) è legato alla gravità, alla viscosità del flusso, alla pendenza del terreno e alla topografia. I vulcani che si formano in seguito all'attività hawaiiana hanno forma conica molto appiattita e vengono detti “vulcani a scudo”;
  • ERUZIONE STROMBOLIANA → sono tipiche delle isole di Stromboli (isole Eoilie). Nonostante il magma generalmente basico, sono caratterizzate da una viscosità maggiore rispetto alle Hawaiiane, che rende più difficile la fuga di volatili. Ciò provoca piccole esplosioni ritmiche, più o meno regolari, con lancio di brandelli semi solidi di lava nera e rossa (dette scorie di lancio) e vetri (la colonna eruttiva in genere non raggiunge più di 300 m di altezza). Quando l'attività è particolarmente intensa, il cratere si può brecciare e piccole colate laviche fuoriescono scorrendo lungo i pendii del cono (le famose “sciarre di fuoco” di Stromboli).
    Chimicamente la viscosità tra attività hawaiiana e attività stromboliana risulta comparabile; ciò che regola la “maggiore esplosività” della seconda attività è il flusso magmatico: infatti nell'attività stromboliana il rifornimento magmatico è più scarso e meno costante nel tempo rispetto all'attività hawaiiana, facendo si che la dispersione di calore lungo il condotto sia maggiore ed il magma tenderà a divenire più viscoso. Nell'attività hawaiiana invece il continuo rifornimento magmatico fa si che il magma non ha modo di raffreddarsi e pertanto rimarrà fluido;
  • ERUZIONE PLINIANA → sono le eruzioni più esplosive tra quelle dove nn c'è interazione magma-acqua esterna. Sono generate da un magma viscoso acido ricco in gas dove il magma impedisce la fuoriuscita delle bolle gassose; queste si concentreranno verso la sommità della colonna magmatica esercitando una pressione sempre crescente fin quando la resistenza del magma stesso non verrà superata. L'esplosione che ne deriva è particolarmente violenta, in seguito alla rapida accelerazione del gas e la frammentazione violente del magma. Si genera una colonna eruttiva formata da pomici (in quanto il materiale emesso sarà fortemente vescicolato), ceneri e blocchi, che può superare anche i 40 Km di altezza. Dopo una caduta balistica di tali prodotti, possono originarsi depositi di colate a ceneri e pomici (flussi piroclastici) che vanno a coprire i depositi di pomici e ceneri precedenti. Durante l'esplosione viene estratta una tale quantità di magma dalla camera sottostante che la cima del vulcano può collassare e produrre una caldera.
    Ceneri e frammenti fini sono quelli che vengono dispersi su di un'area molto vasta, dato che raggiungono le quote più elevate e vengono dispersi dai venti, specialmente durante lo stadio iniziale dell'eruzione. Queste eruzioni prendono il nome da Plinio il Giovane che discusse dettagliatamente l'eruzione del Vesuvio del 79 D.C. 
Tra i casi citati non è stato affrontato quello in cui il contatto acqua esterna – magma avviene all'interno della stessa camera magmatica, ma non per essoluzione di acqua dal magma, ma per un ingresso di acqua marina dentro la camera.
L'ingresso di acqua fredda dentro una camera magmatica comporterebbe una rapida evaporazione del fluido 

Fonte: appunti del dott. Gilberto Cerasuolo