lunedì 25 aprile 2011

La diagenesi

Premessa: concludo questo lungo escursus sulle rocce sedimentarie e quindi sulle arenarie con questo ultimo articolo "La diagenesi" ribadendo e sottolineando, anche per chi volesse approfondire l'argomento, che tutte queste informazioni nonchè i miei articoli "Granulometria dei sedimenti terrigeni", "Metodi di analisi granulometrica", "Rappresetazione grafica dell'analisi granulometrica", "Distribuzioni dimensionali", "Forma e rotondità dei clasti", "Fabric e Packing, Porosità e Permeabilità", "Ghiaie e conglomerati", "Arenarie", "Arenarie: classificazione di Folk e e Pettijohn", "Arenarie: classificazione di Dickinson", "Arenarie: classificazione di Zuffa e Valloni&Mezzadri", "I minerali pesanti", "I sedimenti fangosi" e "La diagenesi", sono stati scritti basandosi su appunti delle lezioni e principalmente sul libro del prof. Emilio Saccani (docente universitario presso l'Università degli Studi di Ferrara), dal titolo "Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene" Anno 2010, dove sono spiegati sicuramente molto meglio e in maniera molto più approfondita.  


La diagenesi avviene subito dopo la deposizione del sedimento fino a grandi profondità (15 Km). Le temperature e pressioni variano da quelle tipiche dell'alterazione fino a quelle del metamorfismo: rispettivamente fino a 200-250°C e 0,5 Gpa (dipende dalla profondità che la roccia ha raggiunto e dal come l'ha raggiunta).

Esistono 3 stadi:
  1. eogenesi → superficiale;
  2. mesogenesi → avviene dopo un effettivo seppellimento della roccia;
  3. telogenesi → avviene a bassi livelli di seppellimenti in seguito al sollevamento ed erosione delle rocce.

          EOGENESI

Avviene fino a 10 Km, stesse condizioni dell'ambiente deposizionale.

Si ha:
  • interazione tra grani detritici e acqua nei pori del sedimenti;
  • influenza dell'attività di organismi (bioturbazioni);
  • leggera compattazione.
Il primo punto risulta in una precoce cementazione dei grani (debole litificazione). Le bioturbazioni invece possono portare alla distribuzione delle strutture primarie del sedimento e ad un mescolamento della granulometria originale oltre che ad una modificazione dell'originaria porosità e permeabilità del sedimento.
Questo stadio avviene sia in mare che sul continente e le condizioni possono variare da ossidanti a riducenti.

          MESOGENESI

Caratterizzato da più temperatura e pressione che favoriscono le reazioni chimiche. Le condizioni chimiche (PH e EH) delle acque circolanti sono molto diverse dall'ambiente di deposizione provocando un trasporto in soluzione di molti elementi. La pressione produce compattazione e solubilità dei minerali.

Processi:
  • 50-200°C la smecitite diventa illite rilasciando acqua, silice, sodio, calcio, magnesio e ferro;
  • aumento della salinità delle acque dei pori delle arenarie per effetto di un filtro molecolare di sedimenti più fini;
  • trasformazione materia organica →
    • 80-120°C, si producono acidi organici;
    • 120-200°C, si forma l'anidride carbonica, ne consegue che la provenienza di materia organica può causare sovra-saturazione in CO2 nei sedimenti associati con conseguenze nella solubilità dei carbonati (dissoluzione cemento carbonatico con aumento della porosità);
    • compattazione, cementazione, de-cementazione, produzione di matrice fine, sostituzione mineralogica delle fasi originarie, produzione di minerali autigeni.
          TELOGENESI

Avviene dopo il sollevamento della roccia ed è caratterizzata da acque meteoriche ossidanti. I minerali formati nel processo di prima possono essere distrutti alle temperature e pressioni di questo processo.

Processi:
  • dissoluzione cemento per opera delle acque meteoriche;
  • trasformazioni in minerali argillosi dei grani costituenti l'ossatura;
  • trasformazione da carbonati a ossidi;
  • trasformazione da solfuri a solfati.

Alcune definizioni: 

Cementazione: se i vuoti sono riempiti tutti il cemento sarà 1/3 o ¼ della roccia totale. Essa è l'ultimo passo della formazione di un'arenaria e influisce sulla porosità e permeabilità; produce una roccia compatta in grado di trasmettere fluidi (acqua, petrolio o gas naturali).

Materiali cementati:
  • silice →
    • sotto forma di Q (depositato come sovra-crescita in continuità ottica sul Q detritico);
    • sotto forma di opale o calcedonio → correlati alla temperatura e agli ioni;
  • minerali carbonatici (calcite);
  • dolomite → più rara;
  • ossidi di ferro, solfuri di ferro;
  • silicati → F, caolinite e zeoliti.
Dissoluzione cemento: quando un'arenaria viene attraversata da fluidi sia i materiali costituenti il cemento che quelli costituenti i grani dell'ossatura potrebbero essere dissolti in base alle condizioni chimico-fisiche del sistema (de-cementazione). I vuoti causati prendono il nome di porosità secondaria. C'è dissoluzione interna diffusa in molti calcari, qui il processo può essere invertito ed i vuoti riempiti successivamente da materiali precipitati.

Soluzione intrastratale: dissoluzioni all'interno degli strati. Molto importanti sono le linee di giunzione stilo-litiche. Le stilo-liti sono presenti nei calcari ma anche nelle arenarie e quarziti. La stilo-lite è una superficie marcata con spessore da pochi mm ad alcuni cm dove la sua superficie è marcata da un deposito sottile di materiale insolubile. Nelle arenarie è carboniosa e nelle quarziti le linee di giunzione sono marcate da ossidi di ferro.

Matrice: alcune arenarie come le Grovacche hanno una matrice sistosa e argillosa di origine diagenetica (distruzione delle particelle detritiche instabili). Questo processo è molto efficace in sabbie con frammenti vulcanici.
Le arenarie più antiche con più seppellimenti hanno più matrice delle sabbie più recenti (origine diagenetica e non deposizionale).

Deformazione e fratturazione dei grani: le arenarie si compattano in modo diverso dalle argilliti anche se si possono osservare evidenze di riadattamento fisico e alla pressione. In alcune arenarie i grani di Q mostrano delle fratture che attraversano grani singoli. Due o più fratture si irradiano dal punto di contatto fra i grani adiacenti ed in alcuni casi una parte di frattura può ruotare rispetto al grano di origine.

Sostituzioni mineralogiche: comportano la dissoluzione di un minerale con contemporanea precipitazione di un altro al suo posto. Questo processo avviene attraverso una sottile pellicola di interscambio vecchio-nuovo minerale ed è quindi sufficiente una sovra-saturazione della nuova fase in uno spazio piccolissimo. Le sostituzioni avvengono senza variazione del volume e le tessiture del vecchio minerale rimangono.

Esempio:
  • carbonati ↔ selce;
  • F e Q ↔ carbonati;
  • matrice argillosa ↔ carbonati;
  • plagioclasio e K ↔ albite;
  • Lv e/o plagioclasio ↔ zeoliti.
Composizione modale: può variare dopo la deposizione dell'arenaria attraverso i processi di →

  • perdita per dissoluzione di grani costituenti l'ossatura;
  • alterazione dei grani per sostituzione e ricristallizzazione;
  • fenomeni di distruzione dei grani per schiacciamento.

La composizione della roccia viene influenzata dai processi diagenetici:
  1. Dissoluzione: anche il Q è soggetto ad una dissoluzione che può essere parziale o totale; dopo la dissoluzione può esserci ricristallizzazione di un altro minerale al posto del precedente (Q ↔ calcite o pirite); alcuni tipi di dissoluzione sono influenzate dalle temperature come il K che ad alte temperature viene sostituito da calcinte o albite; in alcuni casi la dissoluzione può colpire un componente in una certa forma e non in un'altra;
  2. Sostituzione → molto frequente durante la diagenesi; un esempio è la sostituzione dei clasti carbonatici con cemento carbonatico, questo produce una sovrastima della porosità della roccia se non è possibile riconoscere l'originaria presenza di un clasto dove attualmente si trova il cemento; questo processo può inoltre produrre un aumento o una diminuzione di volume della roccia a seconda dei casi.
  3. Deformazione → può produrre la distruzione di alcuni componenti dopo lo schiacciamento dovuto al carico lito-statico; ci sono 2 tipi di deformazione:
    1. leggera: è possibile riconoscere la natura del clasto originario;
    2. pesante: non è possibile riconoscere la natura del clasto originario.
  4. Ossidazione → fenomeno poco frequente e colpisce i frammenti di roccia vulcanica e i minerali ricchi in Fe e titanio.

Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010    

domenica 24 aprile 2011

I sedimenti fangosi


Si classificano in base alla tessitura e struttura:
  • colore;
  • materia organica;
  • costituenti chimici.
Metodi d'analisi: l'analisi dimensionale avviene tramite microscopio SEM o a RAGGI-X. Nel primo caso avvengono analisi qualitative e nel secondo si utilizzano i metodi delle polveri o il microscopio elettronico munito di spettrometro a dispersione di energia EDS.

Analisi semi-quantitative:
  • analisi termo-differenziale che si basa sulla proprietà dei minerali argillosi di rilasciare acqua di cristallizzazione a temperature definite per ogni specie mineralogica;
  • determinare la composizione chimica e applicare calcoli normativi per la determinazione del contenuto mineralogico.
Metodi costosi: analisi chimiche sul singolo minerale.
Altri metodi: analisi chimica dell'intera roccia tramite la spettrometria di fluorescenza a RAGGI-X XRF; questa è in grado di determinare gli elementi maggiori e più comuni in traccia.


          CARATTERISTICHE ROCCE FANGOSE
  • dimensioni particelle: esiste un controllo della composizione sulle dimensioni al contrario delle arenarie; questo perché i minerali argillosi hanno una diversa struttura mineralogica; esiste una differenza dimensionale tra le principali specie argillose (CAOLINITE = lamine lunghe molti micron, ILLITE = lamine lunghe 0,1-0,3 micron, MONTMORILLONITE = lamine troppo piccole da studiare al microscopio elettronico);
  • forma e rotondità: le particelle < 62 micron non sono influenzate dal trasporto eolico o con acqua ma dalla forma originaria dei grani detritici o di quelli formati durante la diagenesi (rotondità bassa e forma piatta, lamellare o aciculare);
  • fabric e packing: la disposizione dei minerali argillosi lamellari è la causa della fissilità delle rocce fangose; la fissilità è la capacità della roccia di rompersi in lamine parallele di spessore di 0,5-1 mm ed è inversamente proporzionale al contenuti di argilla (più argilla = lamine più fini, più sabbia e silt e meno argilla = lamine più spesse);
Il chimismo dell'ambiente di sedimentazione che condiziona la flocculazione dei minerali argillosi   condiziona la fissilità:
  • più sostanza organica → le particelle argillose si depongono come singoli grani;
  • meno sostanza organica → si depongono a flocculi e come se fossero particelle sensibilmente più grandi.
La litificazione delle rocce fangose aumenta la fissilità dato che produce l'allineamento delle particelle fini; questo è dovuto all'effetto della compattazione del sedimento o della roccia a causa del carico litostatico.

Il tipo di minerali argillosi prodotti durante l'alterazione delle rocce madri dipende essenzialmente da 3 fattori:
  1. composizione delle rocce madri → questa governa il tipo di materiale chimico e la sua quantità;
  2. composizione delle acque circostanti → il carico di ioni dissolti nelle acque governa direttamente il tipo di reazione; la reazione dell'acqua dipende dalla temperatura, dalla presenza di vegetazione e di carbonati;
  3. velocità di flusso delle acque attraverso le rocce → più veloce è il flusso e più alto è il dilavamento ovvero lo scambio ionico; per bassi flussi o acque stagnanti la capacità di scambio sarà solo quella permessa nei limiti della quantità di ioni presenti in un volume definito di acqua; 

  • composizione mineralogica: minerali argillosi, Q, F e miche sono abbondanti;
  • composizione chimica:
    • silicio → molto abbondante e si trova nei silicati e nel Q;
    • alluminio → F più minerali argillosi (caolinite);
    • potassio e magnesio → influenzati dalla presenza di minerali argillosi;
    • ferro → 5-10%, influenzato dalla presenza di ossidi e idrossidi di Fe, minerali argillosi e carbonati;
    • calcio → 1-10%, deriva dai plagioclasi calcici e da carbonati;
    • fosforo → < 0,2%.

Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010   

I minerali pesanti


I minerali pesanti hanno peso specifico tra 3 e 5 e per questo motivo sono trasportati e depositati con granuli di Q che hanno dimensioni da 0,5 Fi a 1 Fi più grandi (rapporto idraulico).
Le dimensioni di un minerale che si sedimenta assieme ad un altro di altra dimensione nelle stesse condizioni si dice dimensione idraulica equivalente.

I minerali pesanti sono degli attivi indicatori delle litologie dell'area madre. Per essere studiati devono essere separati da tutto il resto e questo avviene per:
  • separazione magnetica → con separatore magnetico FRANZ;
  • tavole a scosse o ad acqua → sfruttano il diverso rapporto idraulico dei minerali pesanti; in una tavoletta inclinata sottoposta a vibrazione o a flusso d'acqua i minerali più densi si fermano prima venendo incanalati in solchi e raccolti in appositi contenitori;
  • liquidi pesanti → per tenere conto del rapporto idraulico la separazione dei minerali pesanti avviene sulla frazione granulometrica 50-350 micron invece che 125-500 micron come per i minerali leggeri.
Spieghiamo meglio questo ultimo metodo di separazione: i liquidi pesanti sono a densità nota e diluendolo con acqua si può raggiungere una densità voluta. Se si vogliono separare i minerali pesanti basta raggiungere quindi la densità di 2,86.

Metodo:
  • il liquido pesante va messo in un imbuto A;
  • si versa nel liquido pesante una certa quantità di sedimenti;
  • inizia così la separazione → i minerali leggeri restano in superficie mentre quelli pesanti vanno verso il fondo dove è situato un rubinetto;
  • si apre il rubinetto per far scendere i minerali pesanti dove andranno in una bottiglia apposita dotata di filtro, si chiude il rubinetto;
  • si mette un'altra bottiglia per raccogliere i minerali leggeri, sempre tramite filtro e apertura del rubinetto;
  • su un altro imbuto viene messo il filtro con i minerali pesanti e lo si lava con un solvente;
  • stessa cosa avviene per l'altro filtro con i minerali leggeri;
  • la seconda bottiglia di raccolta del liquido pesante serve per essere riutilizzato una volta distillato (costa tanto il liquido pesante).
I minerali pesanti vengono studiati al microscopio attraverso un vetrino provvisorio o stabile. Nel primo caso i minerali pesanti sono montati su vetrino inglobandoli in eugenolo, un liquido con indice di rifrazione pari a 1,54. Il vantaggio di questo metodo è che i tempi di esecuzione sono brevissimi e che si ha la possibilità di recuperare i minerali se mai dovesse essercene la necessità; lo svantaggio è che si perde il materiale alla fine dello studio.
Nel secondo caso invece i minerali pesanti sono inglobati con balsamo di Canada. Il vantaggio è che il tutto è permanente mentre lo svantaggio è che non si possono recuperare i minerali desiderati.

RAPPRESENTAZIONE

Si mettono in percentuale tutti i minerali pesanti e li si mette in grafici:
  • barre → rappresentazione delle percentuali sotto forma di barre di lunghezza proporzionale alle varie percentuali:
    • espressione delle percentuali sotto forma di barre proporzionali ma disposte in maniera tale che i rettangoli che rappresentano il minerale più comune siano allineati;
    • lunghezza delle barre proporzionale alle percentuali o dove la somma delle barre di lunghezza proporzionale chiude alla percentuale totale di 100.
  • diagrammi a torta → ottima rappresentazione visiva;
  • diagrammi rettangolari → se l'insieme dei minerali può essere rappresentata da 3 parametri o se 3 parametri vengono scelti per rappresentare un dettaglio;
  • diagrammi ad area → se si vogliono rappresentare le variazioni di quantità di minerali pesanti da un punto ad un altro (fiumi, spiaggia, sequenza stratigrafica).
Lo studio dei minerali pesanti però può assumere complessità molto elevate e per questo si adoperano metodi di analisi matematici e statistici:
  • analisi discriminante;
  • cluster analysis;
  • analisi vettoriale.
Tutti questi metodi tendono ad estrarre in maniera matematica ed oggettiva da un insieme di dati complessi un numero limitato di fattori che semplifica l'informazione.
Se ad esempio abbiamo un set di 100 campioni contenenti 30 specie di minerali pesanti si utilizzeranno questi metodi matematici e statistici:
  • cluster analysis → si evidenziano similitudini fra i diversi campioni sulla base di tute e 30 le specie;
  • analisi vettoriale → si estrae un numero limitato di fattori basati su tutte e 30 le specie e tramite questi fattori si identificano quei campioni caratterizzati dalle composizioni più estreme e si esprimono gli altri come se fossero variamente costituiti da miscele degli end-members.

UTILIZZI DEI MINERALI PESANTI

  • STRATIGRAFIA: al variare dei limiti stratigrafici variano pure i minerali pesanti; esistono 3 aspetti importanti →
    • la zonatura stratigrafica dei minerali pesanti è accompagnata da un progressivo aumento delle specie mineralogiche verso le sequenze stratigrafiche più recenti;
    • l'ordine di comparsa dei minerali in bacini lontani e non correlati fra loro è molto simile;
    • nelle sequenze più antiche sono presenti solo minerali stabili mentre nelle sequenze più recenti minerali instabili.
SPIEGAZIONE: 3 ipotesi →
  1. al procedere dell'erosione livelli più profondi vengono messi a nudo favorendo la sedimentazione; essendo i minerali della crosta più stabili di quelli profondi si spiega la zonatura in ordine di stabilità;
  2. si presuppone un legame fra le sequenze di minerali e un progressivo sollevamento dell'area-madre: se all'inizio non vi è sollevamento l'erosione sarà lenta e i processi di alterazione saranno forti per cui solo i minerali stabili arriveranno al bacino di sedimentazione; una accelerazione del sollevamento aumenterà invece i minerali instabili;
  3. tutti i minerali pesanti sono deposti insieme e in fase post-deposizionale i minerali più instabili vengono distrutti per effetto di soluzioni interstratali; 

  • TETTONICA: con le associazioniorogeniche; i minerali pesanti possono indicare in maniera indiretta la presenza di dorsali.
  • PALEOGEOGRAFIA: studiando la distribuzione dei minerali pesanti nei sedimenti antichi è possibile ricostruire la provenienza e il senso di trasporto del detrito sedimentario nel passato individuando così la struttura e morfologia degli antichi bacini e la loro evoluzione nel corso del tempo;
  • PROSPEZIONE GEOMINERARIA.

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA STABILITA'
  • minerali ultra-stabili: zircone, tormalina, rutilo; stabili come il Q, sopravvivono a più cicli di sedimentazione, unici che si trovano in sabbie super-mature; un'abbondanza di questi minerali ultra-stabili indica un prolungato trasporto e alterazione chimica o una provenienza da sedimenti riciclati; è possibile risalire alla roccia-madre;
  • minerali metastabili:
    • olivina → molto instabile e rara nei sedimenti, poco trasporto e alterazione chimica;
    • pirosseni → molto instabili;
    • apatite, granito, epidoti, cianite, sillimanite, andalusite, staurolite e titanite → molto stabili.
    Tutti questi minerali metastabili possono trovarsi nei sedimenti in dipendenza del grado di efficacia dei fenomeni di alterazione e di trasporto.

Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010  

sabato 23 aprile 2011

Arenarie: classificazione di Zuffa e Valloni&Mezzadri


ZUFFA

Egli parte dal fatto che gli altri autori non tengono conto di molti componenti che potrebbero voler dire molto. Ad esempio i frammenti allochimici e la matrice per Folk oppure la matrice, i frammenti carbonatici, terrigeni e allochimici per Dickinson. Inoltre tutti si concentrano sulle areniti terrigene.
Il pregio di Zuffa è di tenere conto di un ampio spettro di tipi di grani. Egli divide i costituenti dell'ossatura di un'arenite in 4 categorie principali a seconda della provenienza:
  1. frammenti non carbonatici extrabacinali (NCE) → sono costituenti terrigeni e corrispondono a quelli considerati da tutti; derivano dallo smantellamento di terre emerse e hanno subito un trasporto;
  2. frammenti carbonatici extrabacinali (CE) → sono terrigeni e corrispondono alle calclittiti di Folk; derivano dallo smantellamento di terre emerse con aree madri dove erano presenti rocce carbonatiche e hanno subito un trasporto;
  3. frammenti carbonatici intrabacinali (CI) → corrispondono agli allochimici di Folk e danno luogo alle areniti carbonatiche non terrigene; non vengono classificate dagli altri autori; origine intrabacinale e quindi hanno subito poco trasporto;
  4. frammenti carbonatici intrabacinali (NCI) → glauconite, gesso, apatite, fosfati, minerali autigeni; non vengono considerati dagli altri autori; origine intrabacinale e quindi poco trasporto.
Sulla base di questo Zuffa costruisce un tetraedo classificativo identificando 5 tipi principali di areniti:
  1. extrareniti non carbonatiche (NCE) → compose da > 50% da componenti non carbonatici extrabacinali e corrispondono alle arenarie terrigene degli altri autori;
  2. extrareniti carbonatiche (CE) → composte da > 50% da componenti carbonatici extrabacinali terrigeni e corrispondono alle calclittiti di Folk;
  3. intrareniti carbonatiche (CI) → composte da > 50% da componenti allochimici (intraclasti, fossili, pellets) e corrispondono alle calcareniti di Folk;
  4. intrareniti non carbonatiche (NCI) → composte da > 50% di componenti non carbonatici intrabacinali per lo più da minerali autigeni; rare in natura (areniti glauconitiche e fosfatiche);
  5. areniti ibride (HA) → formate da varie proporzioni dei componenti fondamentali; occupano la porzione centrale del tetraedo.

VALLONI&MEZZADRI

Loro considerano i parametri composizionali di Dickinson più i frammenti carbonatici terrigeni nel polo L identificando così 4 tipi principali di composizioni:
  1. sabbie quarzo-feldspatiche (QF suite)Q e feldspati > Frammenti litici, sono quelle definite come Arkose e subarkose; pochi frammenti litici specialmente di tipo vulcanico, qualcosa in più per quanto riguarda i restanti tipi litici; alto rapporto C/Q (Qm/Qtot) e basso rapporto P/F (plagioclasio/feldspati totali); si trovano nei margini continentali di rift (delta Nilo, Arabia, Somalia, Angola, Guyana, piana abissale atlantico, Canada) oppure in bacini di retro arco (golfo del Mexico e mar del Giappone);
  2. sabbie quarzo-litiche (QL suite)Q e Frammenti litici > feldspati, corrispondono alle litoareniti e sublitoareniti; rapporti variabili dei componenti litici; si trovano in bacini di margine attivo e passivo (Gange, canale di Sardegna), in bacini stike-slip (Gibilterra, Alboran, mar Nero) o in sistemi arco-fossa (fossa ellenica, Sumatra);
  3. sabbie lito-vulcaniche (LV suite) → ci sono più frammenti litici vulcanici e corrispondono alle litoareniti e litoareniti feldspatiche; varie composizioni e tessiture di frammenti litici vulcanici; si trovano in bacini vicini agli archi magmatici continentali e intra-oceanici e occupano posizioni di retro-arco e di fore-arc (Filippine e Marianne);
  4. sabbie feldspato-litiche (FL suite) → molti frammenti litici e corrispondono alle litoareniti feldspatiche e arkose litiche; si dividono in 2 sottogruppi:
    1. ricche in plagioclasio;
    2. ricche in K-feldspato;
    Si trovano in bacini particolari (piana abissale Auletine, mar del Giappone) o in bacini di strike-slip (California) o di margine di tipo andino (Alaska) o in bacini di retro-arco (Giappone, Kamchatka, Bering).
I 4 tipi di sabbie possono essere ricondotte a 7 tipi di ambienti tettonici di provenienza:
  1. basamento cratonico → ambiente di intraplacca continentale caratterizzato da sabbie QF suite ricche di Q e povere di F e Frammenti litici;
  2. basamento di accrezione → ambiente intraplacca continentale e strike-slip dove il basamento mostra relitti di copertura e faglie; caratterizzato da sabbie QF suite ricche di F e Frammenti litici in quanto possono essere presenti in questi ambienti locali coperture sedimentarie e metamorfiche di basso grado;
  3. avanfossa sovrascorsa e piegata → ambiente di catena orogenica in margine convergente e stike-slip; caratterizzato da sabbie QL suite variabili in Q, F e Frammenti litici a causa di svariate tipologie litologiche; il Q è elevato quando le rocce madri sono di tipo sedimentario con la presenza quindi di detrito riciclato;
  4. orogene di collisione in margine convergente → caratterizzato da sabbie FL suite variabili in Q, F e Frammenti litici; c'è meno Q di prima perché le rocce madri di tipo sedimentario sono subordinate a quelle metamorfiche di basso grado e ofiolitiche;
  5. arco continentale → ambiente di margine convergente continentale; sabbie LV suite e FL suite variabili in Q ma con più F e Frammenti litici di tipo vulcanico; Q e F sono elevati se le rocce madri sono di tipo plutonico (batoliti granitici);
  6. arco intraoceanico → ambiente di margine convergente; sabbie povere in F e Q ma ricche in Frammenti litici; elevato Q se le rocce madri sono sedimentarie;
  7. arcipelago → ambiente di intraplacca oceanica con vulcani discontinui emersi o sottomarini; sabbie povere in Q e variabili in F e Frammenti litici; la scarsità di Q è dovuta alla composizione sottosatura delle rocce affioranti in questo ambiente.


Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010 

Arenarie: classificazione di Dickinson


Siamo alla fine degli anni '70. Egli parte dal presupposto che la composizione modale dei grani costituenti l'ossatura è in relazione con la tettonica dell'area madre. Considera importante il significato dei frammenti litici che sono tutti quei frammenti composti da più minerali in cui i singoli componenti hanno dimensioni > 62 micron. Non considera invece i frammenti carbonatici perché è difficile distinguere in sezione sottile quelli di provenienza extrabacinale da quelli di provenienza intrabacinale. Inoltre questi non danno nessuna informazione sulla tettonica dell'area madre in quanto sono più legati alle condizioni climatiche.

La composizione dei grani dell'ossatura è calcolata come proporzione volumetrica delle seguenti categorie di grani:
  • grani quarzosi stabili (Q) → comprendono il quarzo monocristallino Qm e i frammenti litici di quarzo policristallino Qp (Q = Qm + Qp);
  • grani monocristallini di feldspato (F) → comprendono i plagioclasi P e il K-feldspato K (F = P + K);
  • frammenti policristallini instabili (L) → di 2 tipi:
    • vulcanici e meta-vulcanici Lv;
    • sedimentari e meta-sedimentari Ls;
(L §= Lv + Ls).

I frammenti litici Lt sono la somma di tutti i frammenti litici instabili e il quarzo policristallino (Lt = L + Qp).

I dati vengono rappresentati con 4 diagrammi triangolari:
  1. Q-F-L → relativo a tutte le popolazioni, evidenzia la stabilità dei grani e quindi il rilievo dell'area di provenienza, l'alterazione, le modalità di trasporto e le rocce madri;
  2. Qm-F-Lt → relativo a tutte le popolazioni, da enfasi alle dimensioni dei grani delle rocce madri;
  3. Qm-P-K → relativo ad una sola parte della popolazione, evidenzia il carattere policristallino o monocristallino dei grani dell'ossatura;
  4. Qp-Lv-Ls 
Tutti e 4 questi triangoli servono per ricostruire la provenienza e i tipi di bacini.

La provenienza deriva da 3 gruppi:
  1. blocco continentale → piattaforme, scudi o basamenti fagliati;
  2. arco magmatico → orogeni di archi insulari attivi o di margini continentali;
  3. orogene riciclato → zone di subduzione, orogeni di collisione o do avampaese.
          BLOCCO CONTINENTALE

Il detrito forma uno spettro di vari tipi di sabbia derivati da:
  • provenienza dall'interno di aree cratoniche → le sabbie derivate da scudi continentali esposti si accumulano sulle piattaforme stesse, su quelle lungo i versanti continentali fratturati, sulle scarpate e sulle sequenze magmatiche di fondo oceanico di bacini oceanici aperti adiacenti. Qui si formano sabbie quarzose con poco feldspato; un alto contenuto di quarzo e di rapporto K/plagioclasio indica un'intensa alterazione sul cratone con basso rilievo e prolungato trasporto su superfici continentali di basso gradiente; sabbie con solo quarzo indicano invece detriti maturi che si accumulano in ambienti oceanici, piattaforme o bacini interni; sabbie provenienti da scudi continentali si depositano infine in bacini caratterizzati da subsidenza e deposizione veloce e per questo sono ricche in feldspato;
  • provenienza da basamento sollevato → le sabbie del basamento continentale fagliato si accumulano in bacini vicini senza trasporto; l'alto rilievo e la rapida erosione delle aree madri svilupperanno sabbie quarzoso-feldspatiche; le sabbie più litiche derivano in parte da copertura sedimentaria e metamorfica che ricoprono parzialmente il basamento granitico e gneissico.
          
          ARCO MAGMATICO
  • archi attivi → dove è presente una copertura vulcanica quasi continua;
  • archi inattivi → dove per l'erosione della copertura possono affiorare plutoni cogenetici.
Le sabbie che provengono da archi attivi sono composte da frammenti di rocce vulcaniche, sono disperse da catene vulcaniche lungo archi insulari attivi e da margini continentali dove le catene vulcaniche sono state poco erose; i luoghi di deposizione di queste sabbie sono le fosse e i bacini sul lato frontale dell'arco, su mari marginali di retro arco e su bacini locali tra la regione vulcanica; i componenti sono feldspati, frammenti vulcanici e poco Q limpido senza vacuoli e inclusioni.
Le sabbie provenienti da archi inattivi hanno composizione complessa ma sicuramente litica dei sedimenti vulcano-clastici; i feldspati e i frammenti litici non vulcanici sono pochi e il quarzo plutonico è più presente di quello vulcanico; negli archi magmatici più maturi il vulcanismo continua anche se la migrazione espone all'erosione le radici plutoniche dell'arco; la copertura vulcanica e il cuore batolitico costituiscono assieme e contemporaneamente la sorgente dei sedimenti.

          OROGENE RICICLATO

Sono costituite da formazioni piegate e fagliate dalle quali si origina un detrito ricco di frammenti di roccia sedimentaria e meta sedimentaria. Si suddivide in:
  • complessi di subduzione, costituiti da sedimenti oceanici e lave deformate;
  • orogeni di collisione, formati lungo le suture crostali tra blocchi continentali un tempo separati;
  • orogeni di avampaese, sviluppate vicino alle suture tra gli archi magmatici e i bacini di retro-arco situati tra blocchi continentali dietro gli archi.
          Per quanto riguarda i primi possiamo dire che questi formano un alto strutturale lungo i fianchi delle fosse tra l'asse delle fosse stesse e le catene vulcaniche situate tra il sistema arco-fossa. In alcuni casi questi alti strutturali emergono come fonti di sedimenti isolati lungo l'arco sedimentario esterno dove vengono erosi argilliti, Grovacche, selce, calcari. I sedimenti che derivano da qui vengono dispersi verso l'arco nel bacino di fronte all'arco e nella fossa dove vengono inglobati nel complesso di subduzione. Le sabbie sono formate da granuli di selce 2 o 3 volte superiori del Q e feldspati associati.
Possono però esistere delle situazioni locali dove i sedimenti raggiungono un grado di maturità mineralogica

          Per i secondi possiamo dire che sono composti da falde e scaglie tettoniche di rocce sedimentarie e meta sedimentarie che rappresentano le sequenze lungo e vicino i margini continentali. I sedimenti derivati da qui sono dispersi da correnti di torbida longitudinalmente all'oceano che si evolve in bacini dovuti alla chiusura dell'oceano relitto, ma anche in bacini di avampaese che fiancheggiano l'orogene. Le sabbie hanno un contenuto in Q intermedio, un rapporto Q/feldspato alto.

          Le ultime formano catene montuose da dove i sedimenti sono dispersi direttamente nei bacini vicini che ricevono sedimenti da aree positive. Le sabbie qui sono ricche di Q e povere di feldspato. Le montagne proteggono i bacini dall'arrivo di sedimenti magmatici. Le sabbie sono riciclate da successioni sedimentarie.  


Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010  

venerdì 22 aprile 2011

Arenarie: classificazione di Folk e Pettijohn


Esistono diversi autori che hanno classificato le arenarie in base alle loro idee e metodi. Ci concentreremo su quelli di Folk, Pettijhon, Dickinson, Zuffa, Valloni&Mezzadri. In questo articolo verranno illustrati i metodi di Folk e di Pettijohn. 

          FOLK

Krynine ha fatto una delle prime classificazioni quantitative evidenziando come la composizione mineralogica delle arenarie è in relazione con la tettonica della regine. Egli ha posto i limiti quantitativi tra 5 tipi di arenarie:

  1. quarzo+selce;
  2. feldspati+caolino;
  3. miche.

Nel 1954 Folk costruì la sua prima classificazione prendendo spunto proprio da Krynine. Egli considera infatti il triangolo classificativo dai vertici Q, F e M dove: Q comprende quarzo e selce, indicativo di un prolungato attacco fisico-chimico o di una derivazione da una zona d'origine più antica, essendo il tipo finale di roccia l'Ortoquarzite; F comprende i feldspati e i frammenti di rocce plutoniche e vulcaniche, indicativo di rocce ignee dei sedimenti, essendo il tipo finale di roccia l'Arkose; M comprende frammenti di rocce metamorfiche, miche e frammenti di metaquarzite, indicativo di origine metamorfica dei sedimenti con tipo finale di roccia la Grovacca.
Successivamente Folk decise di modificare il suo triangolo nel modo seguente:
  • spostò tutti i frammenti di roccia (escluse quelle plutoniche, il granito e lo gneiss) nel terzo vertice;
  • mise la selce nel vertice RF (ex M).
          PROCEDIMENTO:
  1. ignorare la percentuale di matrice argillosa, il cemento chimico, la glauconite, i fosfati, i fossili, i minerali pesanti, le miche, ecc... Ricalcolare quindi al 100% i costituenti essenziali raggruppandoli in uno dei 3 vertici seguenti →
    1. Q: tutti i tipi di QUARZO compresa la metaquarzite;
    2. F: tutti i minerali FELDSPATI e i FRAMMENTI DI GRANITO e di GNEISS;
    3. RF: tutti gli altri frammenti di rocce (SELCE, ARDESIA, SCISTI, VULCANITI, CALCARI, ARGILLE, ARENARIE, SHALE, ecc...);
Questo permetterà di determinare in quale delle 7 principali associazioni rientra la roccia. Se l'arenaria cade nel campo delle SUBLITOARENITI, LITOARENITI o LITOARENITI FELDSPATICHE si procede al punto 2.
  1. Ricalcolare al 100% tutti i frammenti di roccia e inserirli nel triangolo RF. Questo dimostrerà se la roccia è un'ARENITE VULCANICA, una PHILLARENITE o una SEDARENITE.
Se risulta essere quest'ultima allora si procede al punto 3.
  1. Ricalcolare al 100% tutti i frammenti di roccia sedimentaria e inserirli nel triangolo SRF. Questo determinerà se la roccia è una SELCE-ARENITE, una CALCLITTITE, una ARENITE ARENACEA o SHALE-ARENITE.
Parliamo ora nel dettaglio dei vari tipi di roccia in base alle idee di Folk. Partiamo con le Grovacche che originariamente erano viste differentemente in base a 3 gruppi di pensiero:
  1. compatte di colore scuro, semi metamorfosate, ricche in frammenti di roccia e matrice argillosa cloritica;
  2. arenarie argillose, mal selezionate, molta importanza alla tessitura;
  3. caratterizzate da quelle strutture sedimentarie tipiche delle torbiditi.
Folk non era d'accordo e le definì come scure, terrose e confuse dove è possibile dire molto poco.

Come seconde, ecco le Arkose. Il feldspato è il componente principale ed è facilmente decomposto dagli agenti atmosferici. Esistono 3 tipi di Arkose:
  1. Arkose climatiche → se il clima è umido il feldspato sarà decomposto e la roccia sarà una quarzoarenite ma se il clima è secco risulterà al contrario una Arkose supermatura; gli ambienti sedimentari sono spiagge o dune dove i sedimenti sono supermaturi per l'efficacia selettiva della spiaggia; i sedimenti sono sabbie fini e ben arrotondate con feldspato più fine del quarzo (40% o più di feldspato, altro componente principale il quarzo, minerali pesanti: tormalina, zircone e granato, e cemento di quarzo, carbonati, evaporiti);
  2. Arkose vulcaniche → prodotti dalla deposizione veloce di materiale vulcanico; se i materiali sono frammenti di una roccia ofenitica, si dice arenite vulcanica, se di plagioclasio, si dice arenite plagioclasica (instabilità tettonica, clasti da ciottoli a silt, orneblenda a volte abbondante: arenite ad orneblenda, se il vetro vulcanico è il materiale principale si dice arenite vetrosa);
  3. Arkose tettoniche → la sua caratteristica è la contemporanea presenza in esse di feldspati freschi e parzialmente alterati dalle stesse specie.
Terzo tipo di roccia che studieremo sono le Fillareniti. I costituenti maggiori sono i frammenti di rocce metamorfiche: ardesia, phyllite e scisti. Vengono deposte in lunghe e strette fasce lungo i margini continentali tettonicamente attivi. I detriti derivano da una cordigliera sul bordo del margine continentale e si muovono verso l'interno del continente. Vicino al continente dove la subsidenza è inferiore si formeranno fillareniti povere di feldspato, nel bacino oceanico invece dove la subsidenza è maggiore ci saranno fillareniti, areniti vulcaniche e plagioclasiche. Esistono 3 tipi di fillareniti:
  1. di arco esterno → accumulate in bacini con rapida subsidenza, immature e i depositi possono essere dei conglomerati interstratificati e fango; sono rocce composte da frammenti di rocce metamorfiche (shale, ardesia, scisti e gneiss) oltre che quarzo, selce, k-feldspato, plagioclasio e frammenti di rocce vulcaniche;
  2. di ringiovimento → si formano a seguito del sollevamento di aree madri metamorfiche più antiche; se continentali hanno composizione fillarenitica con selce, feldspati e altri componenti mentre se sono marine o di litorale tendono ad avere la composizione delle quarzoareniti;
  3. di arco interno.
Le Quarzoarenitimetamorfiche ma con una stabilità tettonica ancora maggiore rispetto ai 2 casi precedenti. Se l'area di origine è formata da sedimenti antichi si può formare molto più rapidamente.

Infine ci sono le Calclittiti. Sono rocce terrigene del gruppo delle litoareniti dove prevalgono frammenti di rocce carbonatiche. Si formano dove c'è tanta attività tettonica e dove la copertura sedimentaria è potente. L'area di alimentazione deve avere rilievi aspri e i sedimenti sono deposti in pianure alluvionali o in canali. Contengono granuli di quarzo, frammenti di selce, di arenaria e di siltite. Il cemento è calcitico.

          PETTIJOHN


I componenti principali per la classificazione delle arenarie sono: quarzo, feldspati e frammenti di roccia (hanno dimensioni delle sabbie e sono frammenti di rocce ignee finemente granulare, sedimentarie e metamorfiche).

Egli suddivide le arenarie in 3 gruppi:
  1. areniti → < 15% di matrice;
  2. Grovacche → matrice tra il 15% e il 75%;
  3. fanghi, argille → > 75% di matrice.
La granulometria risulta quindi in funzione della presenza di matrice e dalla composizione dei grani costituenti l'ossatura.

Esempio:

Areniti arcosiche → poca matrice, molto feldspato;
Grovacche feldspatiche → molta matrice.

È stato criticato da Dickinson per la difficoltà di definire in modo sicuro la matrice e per la sua stessa origine poligenica e i problemi interpretativi che ne risultano.
La matrice è un prodotto della cristallizzazione in cui a volte le reazioni interessano i granuli dell'ossatura. Molti l'attribuiscono alla trasformazione dei frammenti instabili in fase diagenetica. 

Dickinson divide la matrice in:
  • proto-matrice → fango detritico intrappolato nei vuoti dell'ossatura al momento della sedimentazione;
  • orto-matrice → materiale ricristallizzato;
  • epimatrice → alterazione diagenetica dei grani instabili dell'ossatura;
  • pseudomatrice → deformazione e schiacciamento di frammenti pelitici neri.

Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010 

giovedì 21 aprile 2011

Arenarie


Le arenarie contribuiscono alla comprensione dell'evoluzione geologica. In esse sono registrate caratteristiche geologiche di aree ora scomparse. Esistono 3 tipi di arenarie:
  1. terrigene → prodotte dall'alterazione di rocce preesistenti, sono trasportate, selezionate e modificate da fluidi e derivano da aree esterne al bacino di sedimentazione;
  2. carbonatiche → marine e costituite da frammenti di gusci, ooliti e da frammenti di carbonati intrabacinali e quindi si sono formati all'interno del bacino di sedimentazione e non provengono da rocce preesistenti;
  3. piroclastiche → prodotte da esplosioni vulcaniche e depositate in diversi ambienti marini e continentali tramite acqua e vento.
Concentriamoci sulle areniti terrigene e principalmente su 2 aspetti:
  1. correlazioni tra la composizione mineralogica delle areniti e delle aree madri del detrito;
  2. modificazioni della composizione e tessitura deposizionale durante la diagenesi.
Il termine areniti significa rocce clastiche, litificate, costituite da grani del diametro tra i 2 mm e i 6 micron. Il termine terrigene vuol dire areniti in cui i costituenti terrigeni dell'ossatura sono >50% del volume della roccia solida.

I criteri classificativi per questo tipo di rocce si applicano quando:
  • i materiali sono sciolti (sabbia);
  • l'ossatura contiene modeste quantità di clasti > 2 micron;
  • i grani terrigeni dell'ossatura sono leggermente < 50% della roccia.
La componente detritica delle areniti è rappresentata da 2 frazioni granulometriche distinte:
  1. grani costituenti l'ossatura;
  2. matrice.
In principio esistevano le seguenti suddivisioni dei grani terrigeni:
  • clasti monomineralici e polimineralici → a seconda se sono formati da 1 o più minerali;
  • clasti monocristallini e policristallini → a seconda se sono formati da 1 o più cristalli;
  • clasti a tessitura grossolana e fine → a seconda che i costituenti interni dei grani abbiano dimensioni maggiori o minori di 62 micron.
Da qua deduciamo che esiste una suddivisione in base ad un criterio mineralogico:
  • monomineralici → un grano di sabbia è costituito da un solo minerale;
    • monocristallini: dove il minerale è presente come unico cristallo → UNITARI;
    • policristallini: dove sono presenti più cristalli di un unico minerale (possono essere a tessitura grossolana o fine); quest'ultimi si dividono in:
      • compositi → cristalli > 16 micron;
      • micro o criptocristallini → cristalli < 16 micron;

  • polimineralici → detti litici o frammenti di roccia, sono composti da più minerali diversi con tessiture molto diverse;
    • criptocristallini: non si può riconoscere la composizione mineralogica;
    • clastici: frammenti derivati da rocce sedimentarie;
    • cristalli foliati: frammenti derivati da rocce metamorfiche;
    • cristallini granulari: frammenti derivati da rocce plutoniche;
    • porfirici: frammenti di roccia derivati da rocce vulcaniche porfiriche.
          CONTEGGIO PER PUNTI

Esiste il metodo di FOLK e quello di GAZZI-DICKINSON. Il primo determina i grani terrigeni litici secondo la loro origine ed è per questo detto criterio a base genetica. Egli distingue i grani polimineralici solo su base genetica a prescindere dalle dimensioni dei cristalli. Considera quindi la composizione dell'intero grano ipotizzandone l'origine. Il secondo distingue i grani a tessitura grossolana da quelli fini ed è per questo detto criterio a base tessiturale. Egli considera i cristalli > 62 micron presenti nei grani litici uguali ai grani monoscristallini di analoga composizione mineralogica. Si riduce così l'influenza della granulometria sulla composizione. Egli considera quindi come unità di conteggio la porzione tessituralmente omogenea intercettata dal crocefilo.

Questi 2 metodi portano alla conclusione che:
  1. il criterio Gazzi-Dickinson minimizza le variazioni composizionali conseguenti alla disaggregazione fisica dei grani dell'ossatura; quando un grano polimineralico si romper forma grani della stessa composizione iniziale;
  2. gli scostamenti fra i dati parametrati da uno e dall'altro metodo sono direttamente proporzionali all'incidenza dei grani polimineralici a tessitura grossolana.
Possiamo concludere il tutto facendo alcune considerazioni:
  • più il sedimento è fine e meno differenza si avrà tra i 2 metodi;
  • se la provenienza viene da rocce preesistenti sedimentarie, quarzosi meno saranno le differenze;
  • se la provenienza viene da rocce sedimentarie ricche di grani litici le differenze saranno maggiori;
  • Gazzi-Dickinson classifica i grani indipendentemente dalle dimensioni al contrario di Folk.
Vediamo però quali sono i costituenti che esprimono al composizione modale delle areniti terrigene:
  • fondamentali → rappresentano l'intera roccia e sono clasti:
    • dell'ossatura;
    • matrice;
    • cemento;
  • extraclastici essenziali dell'ossatura → riconducibili ai tipi monomineralici e polimineralici che vanno dal 70% al 95% del totale della roccia solida;
  • litici dell'ossatura → riconducibili ai tipi clastici, cristallini, porfirici e criptocristallini e vanno da qualche punto fino al 90% del totale della roccia solida.
          MATURITA' TESSITURALE

La tessitura viene considerata sotto 2 aspetti:
  1. descrizione proprietà;
  2. integrazione delle proprietà nei 4 stadi della maturità tessiturale →
    1. immaturo: il sedimento contiene più del 5% di matrice argillosa terrigena, i grani di sabbia sono poco selezionati e angolosi;
    2. submaturo: il sedimento contiene meno del 5% di argilla ma i granuli di sabba sono più selezionati ma non ben arrotondati;
    3. maturo: il sedimento contiene poco o niente argilla, i granuli sono ben selezionati ma non arrotondati;
    4. supermaturo: il sedimento non contiene argilla, i clasti sono ben selezionati e arrotondati.
Sottolineo che la maturità tessiturale è una delle proprietà più importanti per conoscere la natura fisica dell'ambiente di sedimentazione

          INVERSIONE TESSITURALE

La si ha quando:
  • clasti ben selezionati e arrotondati sono immersi in una matrice argillosa;
  • un sedimento è composto da granuli poco selezionati ma arrotondati;
  • i granuli provenienti dall'erosione di arenari più antiche concorrono a formare nuovi sedimenti.
Il grado di maturità in un ambiente dipende da quanta energia meccanica è esercitata sul sedimento per il suo rimaneggiamento ad opera di correnti e onde nel luogo finale di sedimentazione e non dall'energia per trasportarlo dall'area di origine al luogo di deposizione.
Per essere ben rimaneggiato questa energia deve essere entro certi limiti:
  • se è troppo poca, selezione e arrotondamento non operano efficacemente;
  • se è troppa la maturità può essere distrutta.

Fonti: Emilio Saccani, Petrografia delle rocce sedimentarie terrigene, 2010 

domenica 17 aprile 2011

Il Mediterraneo: un'esplosione di specie marine e non solo


Distacchiamoci un attimo dal mondo strettamente geologico passando ad un altro non meno affascinante di questo ovvero l'Ecologia Marina e Subacquea.

Prima di farlo però vediamo insieme come viene visto il Mediterraneo dagli Ecologi Marini. Ci sono vari punti cruciali all'interno del nostro mare che vanno qui spiegati:
  • GIBILTERRA → profondo 300 m e largo ca. 10 Km;
  • CANALE DI SICILIA → largo pochi Km e profondo 120 m, qui si trova un CANION profondo 2 Km (collo di bottiglia); nelle vicinanze si trova la Tunisia che ha una platea continentale larga 300 m;
  • ADRIATICO → fino a Otranto in direzione sud il mare è basso (pianura alluvionale) per poi sprofondare all'improvviso fino a 3 Km mediante una scarpata;
  • GOLFO DEL LEONE → formato da una platea continentale seguita da una scarpata che arriva a 4-5 Km;
  • EGEO → relativamente profondo, caratterizzato da una zona di subduzione;
  • NILO → aveva un ruolo importante per il suo afflusso ma ora la diga lo ha ridotto;
  • CANALE DI SUEZ → ha causato le migrazioni lessepsiane.
Normalmente il Mediterraneo viene diviso in 2 parti: quella occidentale, la parte ovest rispetto al Canale di Sicilia, e quella orientale, la parte est.

Introduciamo qualche definizione utile:
  • correnti di gradiente → avvengono in base alla densità che a sua volta dipende dalla salinità o dalla temperatura;
  • profilo termico → normalmente la temperatura del mare diminuisce andando verso il basso: questa è molto differente tra Oceano e Mediterraneo, nel primo infatti la temperatura scende progressivamente fino a toccare i ca. 2°C nel fondo mentre nel secondo la temperatura del fondale non scende mai sotto i 12°C;
  • bilancio idrico → somma dell'acqua che entra (fiumi, precipitazioni) con quella che esce (evaporazione, Gibilterra); negativo nel Mediterraneo.
Abbiamo accennato alle correnti, nel Mediterraneo ne esistono 3:
  1. acqua atlantica, fiume atlantico → dallo stretto di Gibilterra entra acqua superficiale dell'Oceano Atlantico, il che vuol dire acqua più calda (essendo superficiale) e più salata del Mediterraneo (entra solo acqua superficiale in quanto Gibilterra è poco profondo);
  2. corrente intermedia levantina → il fiume atlantico passa il Canale di Sicilia e arriva al Mar di Levante; qui incontra acqua più dolce e meno salata e per questo motivo tende ad andare verso il basso fermandosi a ca. 400 m (essendo l'acqua atlantica più salata è più densa di quella del Mar di Levante scende per gradiente di salinità);
  3. correnti profonde → a causa della rotazione terrestre le correnti intermedie tornano indietro fino alla Fossa di Otranto dove a causa dell'alzamento del fondale tornano in superficie; lambiscono così i Balcani, i quali si ritrovano acqua fredda ma limpida, per poi tornare indietro attraverso il Golfo di Venezia dove a causa dell'enorme quantità di plancton l'acqua di questa corrente risulta essere molto più sporca ma anche più calda (riscaldata dai raggi solari). Ecco perché in estate il mare Adriatico italiano è più caldo di quello balcanico ma anche più sporco: il plancton vive per l'apporto di fosforo e azoto trasportato dai fiumi (in abbondanza nel settore italiano). Questo però avviene in estate! In inverno la Bora, il famoso vento triestino, raffredda moltissimo il mare e le ex acque della corrente intermedia arrivando a Otranto scendono per la scarpata fino al fondale (sono più fredde) sempre a causa del gradiente termico;
Altra corrente profonda simile è causata dal vento di Maestrale nel Golfo del Leone. Queste correnti poi si incontrano e si uniscono a quelle intermedie provenienti da Otranto per poi uscire insieme da Gibilterra da dove partono le correnti profonde atlantiche.

          STORIA DEL MEDITERRANEO 


Mi sembra opportuno, prima di proseguire, accennare a qualche evento storico importante che ha caratterizzato il nostro mare e i loro abitanti.
Si dice che il Mediterraneo è il prodotto dell'antico mare di Tetide presente più di 6.000.000 di anni fa. Una prova di questo è data dall'esistenza della POSIDONA OCEANICA nel Mediterraneo e della POSIDONA AUSTRALIS in Australia occidentale. Proprio 6 milioni di anni fa la Tetide si è chiusa prosciugandosi quasi completamente, siamo nella Crisi del Messiniano. Una prova di questo evento la si riscontra dal prelievo di uno strato di salgemma tramite carotaggio (il sale che si è creato causato dal prosciugamento si è compattato formando così salgemma).

Ci sono 3 momenti importanti per il Mediterraneo:
  1. chiusura Tetide;
  2. crisi del Messiniano;
  3. alternanza di periodi glaciali (acqua più calda, fauna calda, l'acqua del Mediterraneo va verso l'Atlantico perché è più alto) e non glaciali (acqua fredda, fauna fredda, l'acqua dell'Atlantico entra nel Mediterraneo perché questo è più basso).
Entriamo nel particolare e concentriamoci sul Mar di Levante dove vi sono verificate 2 crisi importanti:
  1. crisi messiniana→ il Canale di Sicilia è stato la causa del riempimento tardivo della parte orientale del Mediterraneo;
  2. mancanza di ossigeno → il fitoplancton arrivato da acque dolci del Nilo e dal nord ha creato la decomposizione e quindi la mancanza di ossigeno nel mare occidentale a livello intermedio.
Arrivati a questo punto possiamo passare alla parte più ecologica e marina dell'articolo parlando innanzitutto di specie autoctone e specie alloctone. Le prime sono le specie locali mentre le seconde sono quelle che provengono da altri ambienti attraverso vari modi:
  • All'epoca, quando i romani importavano le ostriche dall'Atlantico del nord;
  • migrazioni lessepsiane → con l'apertura di SUEZ nel 1869 e dopo il suo allargamento avvenuto dopo la seconda guerra mondiale ben 500 specie migrarono nel Mediterraneo dal Pacifico e solo 3 dal Mediterraneo al Pacifico;
  • trasporto con le naviattaccate o per fouling; quest'ultimo termine ha vari significati: le specie possono essere intrappolate nell'acqua di zavorra (prese da una zona e portate in un'altra); oppure per rimorchio attraverso l'acquacoltura.
Questi metodi sono tutti NON VOLUTI dall'uomo, involontari. Esistono però anche quelli VOLUTI, azioni deliberate. C'è da dire però che non tutte le specie alloctone possono insediarsi tranquillamente senza trovare ostacoli o comunque adattarsi facilmente. Se dovessimo costruire un grafico che riflettesse quante specie alloctone riuscirebbero a sopravvivere all'interno di ambienti diversi dal loro ci troveremo difronte ad un grafico detto asindoto e chiamato della resistenza biotica. Questo significa che in un primo momento la curva (nell'asse x il tempo e nell'asse y le specie) si innalza velocemente per poi curvare verso destra sempre più velocemente. Questo perché si posso instaurare tante specie tanti quanti sono gli spazi vuoti che le specie autoctone hanno lasciato. Tutto dipende dalla loro competitività. Non è detto però che le specie alloctone che sono riuscite ad instaurarsi riescano a restare per sempre: quelli più competitivi prendono il posto di quelli meno competitivi. 

Fonte: appunti di Ecologia Marina e Subacquea 

Si è scoperto però che non dappertutto è così e che non si rispecchia sempre questo tipo di grafico.
Si è notato che in alcune zone con l'arrivo delle specie alloctone quelle locali si destrutturano lasciando così sempre più spazi vuoti o nicchie vuote aumentando conseguentemente la possibilità di ospitare sempre più specie straniere. Questo grafico, detto inversional meltdown, è di tipo esponenziale

Fonte: appunti di Ecologia Marina e Subacquea - asse x specie, asse y tempo 

C'è da dire che esistono anche delle FACILITAZIONI che favoriscono l'arrivo di specie alloctone. L'arrivo della preda, per esempio, favorisce l'arrivo del predatore. Un esempio di questo è evidente con l'arrivo della Muscovista (preda) che ha favorito l'arrivo del suo predatore, il granchio.

Questo è molto pericoloso per la biodiversità.

          ECOSISTEMI

Facciamo qualche esempio di come nascono, vivono e sopravvivono gli abitanti marini. Iniziamo subito col dire che esistono 3 diversi ecosistemi mediterranei:
  1. prateria di posidonia;
  2. coralligeno;
  3. fauna fondali molli.
Poseidonia

Non è un'alga ma una pianta con radici e fusti con foglie lunghe anche un metro. Fiorisce in autunno e produce frutti galleggianti (grazie ad un olio particolare) chiamati olive di mare.
I rizomi crescono sia orizzontalmente che verticalmente detti rispettivamente plagiotropi e ortotropi. I primi hanno la funzione di ancorare la poseidonia al fondo mentre i secondi di contrastare la sedimentazione. Questi danno luogo alla matte costituita da rizomi,radici e sedimento intrappolato.
La prima avviene mediante la produzione di frutti e fiori che sono ermafroditi. LA fioritura dipende dalla luce e temperatura e dall’età e imensione della pianta. L’impollinazione è idrofila che porta alla formazione diquesti frutti, una volta maturi si staccano e galleggiano. Quando marciscono lasciano cadere il seme sul fondale dove, se trovano l’ambients giusto, si riproducono. 

Per crescere deve:
·      trovare un substrato mollo;
·      sul fondale deve esserci un po' di materiale organico.

Caratteristiche ecologiche:
·      habitat ideale per molti organismi (foglie prima verdi poi biancastre);
·      da 1 a 40 m sotto acqua;
·      regime di temperatura ristretto (10-28°C);
·      salinità costante;
·      molta illuminazione;
·      elevata produzione primaria, sottostrato della fotosintesi è la produzione di ossigeno. 

Limiti di crescita:
·      climatico → limite dato dalla luce;
·      edafico → dovuto alle caratteristiche del substrato;
·      erosivo → dovuto a correnti più forti;
·      regressivo → alterazione della colonna d'acuqa x cause umane.

Cause di regressione:
·      inquinamento;
·      nautica di porto;
·      costruzione di opere costiere;
·      costruzione di dighe, dighe foranee e barriere;
·      eutrofizzazione;
·      alghe alloctone → le cresce sopra togliendogli la luce, hanno più velocità di crescita.

EGAGRAPOLI: fasci residui di cellulosa delle foglie di poseidonia, aggregate dal moto ondoso.

Non è un sistema endemico, si trova a 50 m di profondità. I coralligeni hanno una crescita diffusa lungo un substrato roccioso e hanno bisogno di:

·      luminosità ridotta;
·      temperatura bassa e costante;
·      moderata velocità di sedimentazione.

Per coralligeno si intende substrato duro secondario formato dal concrezionamento di talli algali e da scheletri animali (seppur con un contributo minore). È formato da un enorme nuemro di specie di alghe coralline delle famiglie delle Corallinacee e Peyssoneliacee.

Il gruppo predominante nel coralligeno sono gli Antozoi.
Gli ottocoralli invece sono organismi coloniali che formano una struttura ramificata e sono detti anche Gorgonie. Non hanno uno scheletro rigido in modo tale da potersi flettere e non rompersi con le correnti.
La loro struttura di base è il polipo composto da 8 tentacoli e una bocca e hanno consistenza fibrosa grazie al contenuto di sclerici calcarei. L’architettura tipica è a ventaglio.
Questi sono asessi, i maschi sono separati dalle femmine. Derivano da un'unica larva e la fecondazione avviene all'interno delle femmine. I maschi lasciano il loro seme in acqua e questo viene poi preso dalle femmine. Dopo 15-20 giorni la larva scende sul fondale dove si attacca a qualcosa di solido:
·      non sulla sabbia ma su un substrato duro;
·      non su alghe;
·      su roccia nuda o su scheletri di alghe.
Non crescono vicino alle alghe perché queste le soffocherebbero. Una volta trovato un appiglio crescono secondo un idro-dinamismo dell'acqua ovvero in base alle correnti. Si dispongono quindi in modo tale da essere contro corrente per catturare più fitoplancton possibile. Le Gorgonie che si trovano a diretto contatto con la corrente potrebbero far morire quelle che stanno dietro (rubano il cibo). 



Esistono 2 predatori della Gorgonia:
  1. Vermocane → è un verme avente delle spore appuntite e velenose, si attacca sulla parte più giovane e fragile della gorgonia (parte esterna) dove mangia la carne, non le ossa. Normalmente il vermocane non riesce ad uccidere la Gorgonia ma potrebbe crearne la causa. Come? Mangiando la carne il vermocane lascia libera ed esposta a rischi l'ossatura della Gorgonia. Questo significa poter essere attaccata da larve di alghe che una volta cresciute soffocherebbero la Gorgonia. Quest'ultima è costretta quindi, una volta assalita dal suo predatore, a lottare contro il tempo per ricostruire e ricoprire la sua parte mangiata;


  2. Gerardia → è un parassita che ricopre la sua preda con i suoi polipi che utilizzano lo scheletro della Gorgonia stessa; i polipi di questo predatore si riconoscono perché hanno più di 8 tentacoli rispetto a quelli della Gorgonia che ne hanno meno.